Articolo aggiornato il 1 Giugno 2021 da eccoLecco
Lecco
6 ore
per tutti
a piedi
Itinerario manzoniano a Lecco
Lecco borgo fortificato sotto la dominazione spagnola
Ai tempi in cui accaddero i fatti che prendiamo a raccontare, quel borgo, già considerabile, era anche un castello, e aveva perciò l’onore d’alloggiare un comandante, e il vantaggio di possedere una stabile guarnigione di soldati spagnoli… (I Promessi Sposi, cap. I)
Questo itinerario manzoniano a Lecco città dei Promessi Sposi ci porta a rivivere il borgo fortificato così come era ai tempi in cui Alessandro Manzoni ambienta I Promessi Sposi su “quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno“, ovvero il Seicento e precisamente, come ci dice la cronologia degli avvenimenti del romanzo, tra il 7 novembre 1628, quando don Abbondio incontra i bravi, e i primi di novembre del 1630, che finalmente vede il matrimonio tra Renzo Tramaglino e Lucia Mondella.
Purtroppo al giorno d’oggi non sono rimaste molte tracce del borgo fortificato, perché con la dominazione austriaca nel 1782 Giuseppe II d’Austria fece demolire le mura che cingevano Lecco, ma certamente vale la pena rivedere Lecco come era ai tempi della dominazione spagnola nel Seicento.
Faremo una passeggiata nel centro storico di Lecco, ammirando il lago di Lecco direttamente dal ponte Azzone Visconti, di origine medievale, quel “ponte, che ivi congiunge le due rive” nel punto dove “il lago cessa, e l’Adda rincomincia, per ripigliar poi nome di lago dove le rive, allontanandosi di nuovo, lascian l’acqua distendersi e rallentarsi in nuovi golfi e in nuovi seni” (I Promessi Sposi, cap. I), che ai tempi controllava la via di comunicazione da e verso il ducato di Milano fino all’Oltralpe.
Il ponte ha un’apposita “carreggiata” pedonale, nella quale è possibile sostare ed ammirare il contesto paesaggistico che lo stesso Manzoni ci descrive, ammirando verso nord il San Martino che sembra cadere a strapiombo nel lago e verso est il Resegone dai “molti suoi cocuzzoli in fila, che in vero lo fanno somigliare a una sega”. Se guardiamo invece verso sud, oltre l’Isola Viscontea, sulla sinistra si trova il caratteristico borgo di Pescarenico e poco più in giù la foce del torrente Bione, dove Lucia, Agnese e Renzo lasciano Lecco per dirigersi a Monza. Qui si colloca l'”Addio monti sorgenti“.
Nel Seicento Lecco aveva un castello e del castello oggigiorno resta la torre Viscontea, nell’angolo della centralissima piazza XX Settembre. La torre ospita mostre temporanee ed è aperto al pubblico gratuitamente.
Il castello si estendeva verso la piazza e proseguiva con le mura fino all’attuale piazza Cermenati, una volta porto del borgo. Dalla piazza saliamo le scalinate della Basilica di San Nicolò per vedere altre vestigia della Lecco fortificata:
- il bastione cinquecentesco sul quale è stato eretto il Campanile
- il sottostante pezzo delle mura visibile dal parcheggio sottostante alla chiesa, che nel passato portavano alla porta Santo Stefano, una delle tre porte attraverso le quali era possibile accedere al borgo
- il Vallo delle mura raggiungibile da piazza XX Settembre passeggiando lungo via Bovara per raggiungere l’altro ingresso (non più visibile perché distrutto) della Porta Vianova.
Dei fatti storici legati al periodo della dominazione spagnola troviamo traccia sin dal capitolo I, nel quale Manzoni ci parla delle grida spagnole contro i bravi, per esempio, grida che ricorrono poi anche nel capitolo III e nel capitolo V abbiamo un chiaro riferimento ai governanti spagnoli, quando padre Cristoforo va da don Rodrigo e costui è a tavola con il conte Attilio, il podestà, l’Azzecca-garbugli e altri due uomini. Ad un certo punto gli uomini brindano e chi dedicano il brindisi? Al conte-duca Olivares, ministro del re di Spagna Filippo IV – “viva mill’anni don Gasparo Guzman, conte d’Olivares, duca di san Lucar, gran privato del re don Filippo il grande, nostro signore! – (I Promessi Sposi, cap. V).
Immaginiamoci spettatori dei Promessi Sposi in questo contesto seicentesco: visualizziamo Lecco come un borgo “che s’incammina a diventar città“.
Qui Alessandro Manzoni ha scelto di far muovere i suoi personaggi, tra vicende umane e fatti storici.