I Promessi Sposi
Riassunto Capitolo 34
Nel capitolo 33 dei Promessi Sposi, Don Rodrigo scopre di essere affetto dalla peste e viene consegnato dai suoi complici ai monatti per essere derubato. Tuttavia, anche il suo seguace Griso cade malato e muore. Nel frattempo, Renzo, che si è rifugiato in Bergamasco, guarisce dalla malattia e decide di recarsi a Milano per cercare Lucia.
Il tempo è brutto e il cielo è grigio e tetro. Renzo cerca di entrare a Milano senza il certificato di sanità, costeggia la cinta delle mura, e arriva accidentalmente a Porta Nuova, dove si imbatte in una guardia stanca che riesce a corrompere con una moneta per entrare in città.
Renzo percorre una strada desolata fino al canale del Naviglio e qui chiede informazioni ad un uomo per raggiungere la casa di don Ferrante. Tuttavia, quando si avvicina, l’uomo spaventato lo minaccia con un bastone pensando che sia un untore nell’atto di cospargerlo di polvere infetta. Perplesso, Renzo se ne va, mentre l’altro torna a casa e continuerà a credere all’esistenza degli untori e a raccontare la sua storia per molti anni a venire.
Renzo prosegue lungo la strada che porta a San Marco cercando qualcuno a cui chiedere aiuto. Improvvisamente, una donna lo chiama dal terrazzino di una casa isolata e gli spiega che lei e i suoi figli sono stati chiusi in casa dal Tribunale della Sanità perché il marito è morto di peste e nessuno è venuto a portare loro del cibo. Colpito dalla situazione, Renzo decide di donarle i due pani che aveva comprato il giorno prima. La donna lo ringrazia e gli fornisce il nome della strada dove si trova ma non sa dove sia la casa di don Ferrante. Così, Renzo se ne va e raggiunge piazza San Marco, dove vede arrivare un convoglio funebre di cadaveri, condotto dai monatti. Renzo impietosito prega per i morti e cerca di allontanare il pensiero che sul carro potrebbe esserci anche il corpo di Lucia. Passato il convoglio, Renzo prosegue e arriva a Borgo Nuovo dove vede un prete intento a confessare qualcuno attraverso l’uscio socchiuso di una casa e decide di chiedergli informazioni. Finalmente il prete gli fornisce indicazioni precise per arrivare alla casa di don Ferrante.
Cessato per tutto ogni rumor di botteghe, ogni strepito di carrozze, ogni grido di venditori, ogni chiacchierìo di passeggieri, era ben raro che quel silenzio di morte fosse rotto da altro che da rumor di carri funebri, da lamenti di poveri, da rammarichìo d’infermi, da urli di frenetici, da grida di monatti.
Renzo cerca di farsi coraggio e attraversa il quartiere di Porta Nuova, ormai divenuta una zona desolata e triste. La pestilenza ha colpito duramente la città: i cadaveri giacciono in strada e molte porte sono segnate con una croce di carbone per indicare ai monatti la presenza di morti. Due terzi dei cittadini sono morti e la gente che ancora gira per le strade lo fa disperato e armato per difendersi dagli untori. La scena è triste e spettrale, interrotta solo dai lamenti dei malati, dal rumore dei carri funebri e dalle urla dei monatti.
Durante il percorso, Renzo nota una giovane donna uscire da una casa con in braccio una bambina morta di nove anni, ma con i capelli ben pettinati e un vestito bianco come per una festa. La madre vuole mettere lei stessa la figlia sul carro dei morti e chiede al monatto di seppellirla senza denudarla. La donna dice addio alla figlia chiamandola per nome (Cecilia) e preannuncia ai monatti che la sera stessa dovranno tornare a prendere lei e la figlia superstite.
“La madre, dato a questa un bacio in fronte, la mise lì come sur un letto, ce l’accomodò, le stese sopra un panno bianco, e disse l’ultime parole: – addio, Cecilia! riposa in pace! Stasera verremo anche noi, per restar sempre insieme. Prega intanto per noi; ch’io pregherò per te e per gli altri -. Poi voltatasi di nuovo al monatto, – voi, – disse, – passando di qui verso sera, salirete a prendere anche me, e non me sola.
Rientra in casa e si affaccia alla finestra con in braccio l’altra figlia malata. Renzo, colpito dalla scena della madre e delle sue figlie, prega per le loro anime e riprende il cammino verso la casa di don Ferrante.
Lungo la strada, Renzo si imbatte in un gruppo di ammalati che viene portato al lazzaretto. Tra gli ammalati c’è confusione e disperazione, ma anche esempi di sollecitudine e supporto tra i malati e i loro famigliari. Renzo chiede indicazioni a un monatto, ma riceve solo un insulto, mentre un commissario più umano gli indica la strada per raggiungere la casa di don Ferrante.
Arrivato davanti alla casa di Don Ferrante, Renzo è nervoso ed agitato. Dopo aver bussato, una donna compare alla finestra e, diffidente, lo informa che Lucia è al lazzaretto, ammalata di peste. Renzo rimane scioccato e chiede spiegazioni, ma la donna lo invita ad andarsene. Sconvolto, cerca altre informazioni, ma incontra solo una donna isterica che lo accusa di essere un untore. Mentre cerca di far tacere la donna urlante, anche la donna della casa di Don Ferrante si unisce all’accusa e a Renzo non resta che fuggire dalla folla inferocita.
Improvvisamente, i suoi inseguitori si fermano spaventati e guardano qualcosa dietro di lui. Renzo si gira e vede un corteo di carri funebri guidati dai monatti. Corre e salta a bordo di uno dei carri, dove viene accolto dalle acclamazioni e dai complimenti dei monatti che lo considerano un vero untore e lo esortano a diffondere la peste per sterminare la popolazione di Milano.
“Vistosi così tra due fuochi, gli venne in mente che ciò che era di terrore a coloro, poteva essere a lui di salvezza; pensò che non era tempo di far lo schizzinoso; rimise il coltellaccio nel fodero, si tirò da una parte, prese la rincorsa verso i carri, passò il primo, e adocchiò nel secondo un buono spazio voto. Prende la mira, spicca un salto; è su, piantato sul piede destro, col sinistro in aria, e con le braccia alzate…”
I monatti bevono vino e cantano canzoni volgari per festeggiare la peste che produce loro ricchezza, ma nonostante tutto Renzo ringrazia in cuor suo la Provvidenza per averlo salvato e attende il momento opportuno per andarsene.
Quando si rende conto di essere vicino al lazzaretto di Porta Orientale, ringrazia i monatti per l’aiuto ricevuto, scende dal carro e si avvicina al lazzaretto. Lungo la strada, vede malati in preda alla sofferenza o al delirio, alcuni entrano nel recinto, altri restano seduti privi di forze sulle sponde del fossato. Renzo resta un attimo fermo davanti alla soglia del lazzaretto, esitando ad entrare in quel luogo di indicibili sofferenze.
Articolo aggiornato il 13 Aprile 2023 da eccoLecco