“(…)vide per terra certe strisce bianche e soffici, come di neve; ma neve non poteva essere”.
Renzo arriva a Milano
Dopo aver lasciato Lecco in barca lungo il fiume Adda (vedi Addio monti sorgenti) con Agnese e Lucia, quest’ultime si sono fermate a Monza al convento della monaca di Monza, mentre Renzo prosegue verso Milano a piedi.
Lo vediamo pensieroso ed affranto per aver lasciato il paese e soprattutto Lucia, il suo lavoro. Rabbia e vendetta animano i suoi istinti, ma poi pensa alla preghiera recitata con Padre Cristoforo e si tranquillizza per poi stizzirsi nuovamente.
Un moto continuo tra impeto e calma, infatti il narratore ci dice che “in quel viaggio, ebbe ammazzato in cuor suo don Rodrigo, e risuscitatolo, almeno venti volte“.
Tra pensieri, preghiere, sguardo verso il Resegone, finalmente Renzo arriva a Milano.
11 novembre 1628
Dopo la separazione dolorosa che abbiam raccontata, camminava Renzo da Monza verso Milano, in quello stato d’animo che ognuno può immaginarsi facilmente. Abbandonar la casa, tralasciare il mestiere, e quel ch’era più di tutto, allontanarsi da Lucia, trovarsi sur una strada, senza saper dove anderebbe a posarsi; e tutto per causa di quel birbone! Quando si tratteneva col pensiero sull’una o sull’altra di queste cose, s’ingolfava tutto nella rabbia, e nel desiderio della vendetta; ma gli tornava poi in mente quella preghiera che aveva recitata anche lui col suo buon frate, nella chiesa di Pescarenico; e si ravvedeva: gli si risvegliava ancora la stizza; ma vedendo un’immagine sul muro, si levava il cappello, e si fermava un momento a pregar di nuovo: tanto che, in quel viaggio, ebbe ammazzato in cuor suo don Rodrigo, e risuscitatolo, almeno venti volte. La strada era allora tutta sepolta tra due alte rive, fangosa, sassosa, solcata da rotaie profonde, che, dopo una pioggia, divenivan rigagnoli; e in certe parti più basse, s’allagava tutta, che si sarebbe potuto andarci in barca. A que’ passi, un piccol sentiero erto, a scalini, sulla riva, indicava che altri passeggieri s’eran fatta una strada ne’ campi. Renzo, salito per un di que’ valichi sul terreno più elevato, vide quella gran macchina del duomo sola sul piano, come se, non di mezzo a una città, ma sorgesse in un deserto; e si fermò su due piedi, dimenticando tutti i suoi guai, a contemplare anche da lontano quell’ottava maraviglia, di cui aveva tanto sentito parlare fin da bambino. Ma dopo qualche momento, voltandosi indietro, vide all’orizzonte quella cresta frastagliata di montagne, vide distinto e alto tra quelle il suo Resegone, si sentì tutto rimescolare il sangue, stette lì alquanto a guardar tristamente da quella parte, poi tristamente si voltò, e seguitò la sua strada. A poco a poco cominciò poi a scoprir campanili e torri e cupole e tetti; scese allora nella strada, camminò ancora qualche tempo, e quando s’accorse d’esser ben vicino alla città, s’accostò a un viandante, e, inchinatolo, con tutto quel garbo che seppe, gli disse: “ di grazia, quel signore. ”
I Promessi Sposi, Cap. XI
Sappiamo che Renzo ha con sé una lettera di Padre Cristoforo da consegnare a Padre Bonaventura del convento dei Cappuccini a Milano.
Il suo intento è questo, infatti al signore che ha incontrato chiede proprio dove si trovi il convento, ed il signore gli dà le giuste informazioni.
Renzo le segue e si trova a porta orientale. Il narratore ci descrive la zona, ma tralasciamo questo aspetto, perché a noi interessano qui i fatti.
Camminando Renzo vede “per terra certe strisce bianche e soffici, come di neve“, si china tocca e capisce che si tratta di farina.
Andando avanti, senza saper cosa si pensare, vide per terra certe strisce bianche e soffici, come di neve; ma neve non poteva essere; che non viene a strisce, nè, per il solito, in quella stagione. Si chinò sur una di quelle, guardò, toccò, e trovò ch’era farina. — Grand’abbondanza, — disse tra sè, — ci dev’essere in Milano, se straziano in questa maniera la grazia di Dio. Ci davan poi ad intendere che la carestia è per tutto. Ecco come fanno, per tener quieta la povera gente di campagna. — Ma, dopo pochi altri passi, arrivato a fianco della colonna, vide, appiè di quella, qualcosa di più strano; vide sugli scalini del piedestallo certe cose sparse, che certamente non eran ciottoli, e se fossero state sul banco d’un fornaio, non si sarebbe esitato un momento a chiamarli pani. Ma Renzo non ardiva creder così presto a’ suoi occhi; perchè, diamine! non era luogo da pani quello. — Vediamo un po’ che affare è questo, — disse ancora tra sè; andò verso la colonna, si chinò, ne raccolse uno: era veramente un pan tondo, bianchissimo, di quelli che Renzo non era solito mangiarne che nelle solennità. — È pane davvero! — disse ad alta voce; tanta era la sua maraviglia: — così lo seminano in questo paese? in quest’anno? e non si scomodano neppure per raccoglierlo, quando cade? Che sia il paese di cuccagna questo? — Dopo dieci miglia di strada, all’aria fresca della mattina, quel pane, insieme con la maraviglia, gli risvegliò l’appetito. — Lo piglio? — deliberava tra sè: — poh! l’hanno lasciato qui alla discrezion de’ cani; tant’è che ne goda anche un cristiano. Alla fine, se comparisce il padrone, glielo pagherò. —
Così pensando, si mise in una tasca quello che aveva in mano, ne prese un secondo, e lo mise nell’altra; un terzo, e cominciò a mangiare; e si rincamminò, più incerto che mai, e desideroso di chiarirsi che storia fosse quella.
I Promessi Sposi, Cap. XI
La strada era deserta, ma Renzo ad un certo punto vede un uomo, una donna ed un ragazzotto carichi con sacchi di farina e pane.
Appena mosso, vide spuntar gente che veniva dall’interno della città, e guardò attentamente quelli che apparivano i primi. Erano un uomo, una donna e, qualche passo indietro, un ragazzotto; tutt’e tre con un carico addosso, che pareva superiore alle loro forze, e tutt’e tre in una figura strana. I vestiti o gli stracci infarinati; infarinati i visi, e di più stravolti e accesi; e andavano, non solo curvi, per il peso, ma sopra doglia, come se gli fossero state peste l’ossa. L’uomo reggeva a stento sulle spalle un gran sacco di farina, il quale, bucato qua e là, ne seminava un poco, a ogni intoppo, a ogni mossa disequilibrata. Ma più sconcia era la figura della donna: un pancione smisurato, che pareva tenuto a fatica da due braccia piegate: come una pentolaccia a due manichi; e di sotto a quel pancione uscivan due gambe, nude fin sopra il ginocchio, che venivano innanzi barcollando. Renzo guardò più attentamente, e vide che quel gran corpo era la sottana che la donna teneva per il lembo, con dentro farina quanta ce ne poteva stare, e un po’ di più; dimodochè, quasi a ogni passo, ne volava via una ventata. Il ragazzotto teneva con tutt’e due le mani sul capo una paniera colma di pani; ma, per aver le gambe più corte de’ suoi genitori, rimaneva a poco a poco indietro, e, allungando poi il passo ogni tanto, per raggiungerli, la paniera perdeva l’equilibrio, e qualche pane cadeva.
I Promessi Sposi, Cap. XI
Renzo ha sempre la sua missione da compiere: consegnare la lettera a padre Bonaventura, così arriva al convento dei cappuccini.
Suona ma il frate portinaio lo informa che il padre non è al convento, di lasciare pure a lui la lettera. Ma Renzo desidera consegnargliela personalmente, così viene invitato dal frate ad aspettare il padre in chiesa.
Renzo fa “dieci passi verso la porta della chiesa, per seguire il consiglio del portinaio; ma poi ” decide “di dar prima un’altra occhiata al tumulto“.
Attraversa la strada, si ferma dell’orlo della piazzetta e a braccia conserte guarda verso il centro della città dove il brulichio è più forte.
“Fate a mio modo,” rispose il frate: “andate a aspettare in chiesa, che intanto potrete fare un po’ di bene. In convento, per adesso, non s’entra.” E detto questo, richiuse lo sportello. Renzo rimase lì, con la sua lettera in mano. Fece dieci passi verso la porta della chiesa, per seguire il consiglio del portinaio; ma poi pensò di dar prima un’altra occhiata al tumulto. Attraversò la piazzetta, si portò sull’orlo della strada, e si fermò, con le braccia incrociate sul petto, a guardare a sinistra, verso l’interno della città, dove il brulichìo era più folto e più rumoroso. Il vortice attrasse lo spettatore. — Andiamo a vedere, — disse tra sè; tirò fuori il suo mezzo pane, e sbocconcellando, si mosse verso quella parte. Intanto che s’incammina, noi racconteremo, più brevemente che sia possibile, le cagioni e il principio di quello sconvolgimento.
I Promessi Sposi, Cap. XI
Immagine di copertina – Illustrazione di Francesco Gonin per I Promessi Sposi, edizione 1840 – Archivio Biblioteca Braidense di Milano
Articolo aggiornato il 9 Giugno 2022 da eccoLecco