I Promessi Sposi
Riassunto Capitolo 7
Abbiamo lasciato Renzo, Lucia ed Agnese mentre stava per arrivare padre Cristoforo, dopo aver incontrato don Rodrigo. Si veda riassunto capitolo 6 Promessi Sposi.
“La pace sia con voi” dice padre Cristoforo ai tre, aggiungendo però che “non c’è nulla da sperare dall’uomo: tanto più bisogna confidare in Dio“.
Interviene il narratore onnisciente che ci informa che “sebbene nessuno dei tre sperasse molto nel tentativo del padre Cristoforo,…;nulladimeno la triste certezza” è un colpo per tutti. Se le due donne abbassano il capo, “nell’animo di Renzo” prevale “l’ira all’abbattimento” ed appella più volte don Rodrigo con la parola “cane“.
Padre Cristoforo cerca di calmarlo dicendo – “colui non ha proferito il nome di questa innocente, né il tuo; non ha figurato nemmen di conoscervi, non ha detto di pretender nulla; ma… pur troppo ho dovuto intendere ch’è irremovibile“, ed ancora “ma, pazienza!… ma tu! non vorrai tu concedere a Dio un giorno, due giorni, il tempo che vorrà prendere, per far trionfare la giustizia?“, e poi facendosi buio e dovendosi recare al convento dice a Renzo di andare da lui l’indomani o di mandare “un uomo fidato” cosicché gli potesse far sapere cosa occorrerà, quindi saluta i tre con un “fede, coraggio; e addio” e “quasi saltelloni si avvia verso il convento.
Soli, dopo aver ascoltato quanto riferito dal frate, Lucia dice che “convien fidarsi a lui“, ma Renzo è furibondo e continua a dire che la farà lui la giustizia e poi incalza la sua amata facendosi promettere che l’indomani si sarebbero sposati a sorpresa come progettato da Agnese.
Il narratore ci dice che “la notte però fu per tutt’e tra così buona come può essere quella che succede a un giorno pieno d’agitazione e di guai, e che ne precede uno destinato a un’impresa importante, e d’esito incerto“. Passata la notte, Renzo arriva a casa di Lucia di “buon’ora” per concertare “con le donne, o piuttosto con Agnese, la grand’operazione della sera“, “Lucia ascoltava senza approvar con parole ciò che non poteva approvare in cuor suo, prometteva di far meglio che saprebbe“.
Si doveva mandare qualcuno da padre Cristoforo, come concordato, ma Renzo non ne vuole sapere, così Agnese decide di mandarci Menico, “un ragazzetto di circa dodici anni,…, che veniva a essere un po’ suo nipote“.
In questo giorno appena iniziato, che ci porta alla notte degli imbrogli, la mattina risulta essere alquanto movimentata, come ci dice Alessandro Manzoni “nel rimanente di quella lunga mattinata, si videro certe novità che misero non poco in sospetto l’animo già conturbato delle donne“. Infatti a casa di Lucia si presenta “un mendico … con un non so che d’oscuro e di sinistro nel sembiante” che entra a chiedere la carità “facendo molte domande” e dopo costui continuano “a farsi vedere, di tempo in tempo, altre strane figure“. Solo “verso il mezzogiorno” finisce questa “fastidiosa processione“. Ad entrambe le donne resta “una non so quale inquietudine, che levò loro, e alla figliuola principalmente, una gran parte del coraggio che avevan messo in serbo per la sera“. Scopriremo tra poco chi fossero queste strane figure.
Il narratore, con la tecnica del flash back, ci presenta don Rodrigo che misura “innanzi e indietro, a passi lunghi, quella sala, dalle pareti della quale pendevano ritratti di famiglia, di varie generazioni“. Don Rodrigo è agitato e non si dà pace “che un frate avesse osato venirgli addosso“: forma “un disegno di vendetta”, poi lo abbandona, poi pensa a “come soddisfare insieme alla passione, e a ciò che chiamava onore“, “sentendosi fischiare ancora agli orecchi quell’esordio di profezia” ed alla fine decide di andare a fare un giro in paese e “più burbero, più superbioso, più accigliato del solito” esce per andare “passeggiando a Lecco“, quindi rientra e cena con suo cugino, il conte Attilio.
Passa la notte e don Rodrigo si sveglia don Rodrigo, infatti il narratore ci dice che “l’apprensione che quel verrà un giorno gli aveva messo in corpo, era svanita del tutto, co’ sogni della notte” e fa chiamare il Griso, “il capo de’ bravi, quello a cui s’imponevano le imprese più rischiose e più inique. il fidatissimo del padrone, l’uomo tutto suo, per gratitudine e per interesse“, al quale dice in maniera molto chiara che deve rapire Lucia: “prima di domani, quella Lucia deve trovarsi” nel suo palazzo, ma rassicurandosi che “non le sia fatto del male” e che “le si porti rispetto in ogni maniera“.
Ecco che il Griso propone il suo piano al padrone per “condurre a fine l’impresa, senza che rimanesse traccia degli autori”, “con falsi indizi”, incutendo a Renzo “tale spavento, da fargli passare il dolore, e il pensiero di ricorrere alla giustizia,e anche la volontà di lagnarsi” ed imponendo silenzio alla “povera Agnese“. La mattina viene spesa “in giri, per riconoscere il paese”, ecco tutte le strane figure chi erano e cosa stavano facendo: “quel falso pezzente che s’era inoltrato a quel modo nella povera casetta, non era altro che il Griso“. Così, al rientro, il Griso fissa “definitivamente il disegno dell’impresa“, assegna le parti e dà le istruzioni.
Il servitore esce e s’incammina “in fretta al convento, per dare al padre Cristoforo l’avviso promesso“. Dopo lui esce anche il Griso ed i Bravi. Ormai “il sole cadeva” ed in questo momento anche altri personaggi si muovono: Renzo va all’osteria con Tonio e Gervaso per definire i dettagli della sera, ma all’osteria non solo soli, infatti ci sono anche i Bravi appostati, che ascoltano i discorsi dei tre. Una volta mangiate le polpette escono, i Bravi tentano di seguirli, ma Renzo si accorge di loro, li guarda e questi si ritirano.
Siamo sul far della sera che “dopo pochi momenti, dà luogo alla quiete solenne della notte“, alla famosa notte degli imbrogli. Agnese cerca di rincuorare Lucia, ma a “a stento trovava le parole“, quando Renzo bussa all’uscio – “son qui andiamo” -.
Il narratore ci dice che “al terrore e al coraggio che vi contrastavano, succede un altro terrore e un altro coraggio: l’impresa si affaccia alla mente, come una nuova apparizione: ciò che prima spaventava di più, sembra talvolta divenuto agevole d’un tratto” e “zitti, zitti, nelle tenebre, a passo misurato, usciron dalla casetta, e preser la strada fuori del paese” e non seguendo la strada più corta, “per viottole, tra gli orti e i campi” arrivano alla casa di don Abbondio e si dividono: “i due promessi” si nascondono dietro l’angolo, mentre Agnese un poco più avanti per fare in tempo a fermare Perpetua.
Tonio e Gervaso bussano alla porta del curato, Perpetua si affaccia alla finestra chiedendo se fosse l’ora di arrivare. Tonio dice che ha con sé le “venticinque belle berlinghe” per saldare il suo debito e che non desidera tenerle tutta la notte. Perpetua va a chiedere a Don Abbondio, mentre Agnese dice alla figlia -“coraggio; è un momento; è come farsi cavar un dente” e poi raggiunge i due fratelli all’uscio.
Articolo aggiornato il 9 Giugno 2022 da eccoLecco