I Promessi Sposi
Riassunto Capitolo 32
L’epidemia continua a diffondersi a Milano e il 4 maggio 1630 i magistrati cittadini chiedono aiuto al governatore Ambrogio Spinola, inviando due consiglieri perché rappresentassero i problemi e le difficoltà della città. Il governatore risponde evasivamente, ma in seguito trasferisce la sua autorità riguardo alla peste al gran cancelliere Antonio Ferrer, in quanto doveva concentrarsi sulla guerra in corso. La guerra, che era stata intrapresa per escludere Carlo di Nevers, finisce per riconoscerlo come duca di Mantova.
Nel frattempo, i magistrati chiedono al cardinal Federigo Borromeo di portare in processione solenne il corpo di San Carlo per scongiurare la peste, ma questi si rifiuta per non incoraggiare una fede superstiziosa e perché non esclude del tutto l’opera degli untori.
Il sospetto delle unzioni si ripresenta con maggiore virulenza.
“Né tali cose accadevan soltanto in città: la frenesia s’era propagata come il contagio. Il viandante che fosse incontrato da de’ contadini, fuor della strada maestra, o che in quella si dondolasse a guardar in qua e in là, o si buttasse giù per riposarsi; lo sconosciuto a cui si trovasse qualcosa di strano, di sospetto nel volto, nel vestito, erano untori: al primo avviso di chi si fosse, al grido d’un ragazzo, si sonava a martello, s’accorreva; gl’infelici eran tempestati di pietre, o, presi, venivan menati, a furia di popolo, in prigione”.
Il Ripamonti riporta due episodi: un vecchio viene assalito dalla folla inferocita per aver spolverato una panca nella chiesa di Sant’Antonio, mentre tre giovani francesi subiscono la stessa sorte per aver toccato i marmi del Duomo.
Borromeo alla fine cede alle insistenze dei magistrati e organizza la processione: è l’11 giugno quando la processione esce, all’alba, dal duomo.
Il Manzoni ci descrive la processione che prende dal Ripamonti, come indica espressamente.
Una lunga schiera di gente, per lo più donne con il volto coperto da veli, molte scalze e vestite con un sacco. Poi le confraternite, i frati, il clero secolare e nel mezzo, sopra un ricco baldacchino, la cassa in cristallo che custodisce le spoglie di San Carlo “vestito di splendidi abiti pontificali” e vicino a lui il cardinal Borromeo.
A seguire l’altra parte del clero, magistrati e nobili.
Tutta la strada è parata a festa e le facciate delle case dei benestanti sono ornate.
“L’undici giugno, ch’era il giorno stabilito, la processione uscì, sull’alba, dal duomo. Andava dinanzi una lunga schiera di popolo, donne la più parte, coperte il volto d’ampi zendali, molte scalze, e vestite di sacco. Nel mezzo, tra il chiarore di più fitti lumi, sotto un ricco baldacchino, s’avanzava la cassa, portata da quattro canonici, parati in gran pompa. Dai cristalli traspariva il venerato cadavere, vestito di splendidi abiti pontificali, e mitrato il teschio; e nelle forme mutilate e scomposte, si poteva ancora distinguere qualche vestigio dell’antico sembiante, quale lo rappresentano l’immagini, quale alcuni si ricordavan d’averlo visto e onorato in vita”.
La processione passa per tuti i quartieri della città, tra crocicchi e piazzette.§.
E il giorno seguente la peste si diffonde rapidamente e causa molte morti ovunque.
“Ed ecco che, il giorno seguente, mentre appunto regnava quella presontuosa fiducia, anzi in molti una fanatica sicurezza che la processione dovesse aver troncata la peste, le morti crebbero, in ogni classe, in ogni parte della città, a un tal eccesso, con un salto così subitaneo, che non ci fu chi non ne vedesse la causa, o l’occasione, nella processione medesima”.
La furia del contagio va via via sempre crescendo e in poco tempo la popolazione al lazzaretto passa da duemila a dodicimila persone per arrivare poi a sedicimila ” a dir di tutti”.
Allora si rende necessario ogni giorno aumentare i “serventi pubblici di varie specie“:
- i monatti sono gli addetti ai servizi più penosi e pericolosi della pestilenza, in quanto devono prelevare dalle case, dalle strade, dal lazzaretto i cadaveri e condurli sui carri alle fosse e sotterrarli,
- gli apparitori devono precedere il carro, avvertendo con il suono di un campanello affinché i passeggeri si ritirassero,
- i commissari regolano gli uni e gli altri rispettando gli ordini del tribunale della sanità.
Al lazzaretto servono medici, chirurghi, medicine e tutti gli attrezzi di infermeria ed ogni giorno arrivano nuovi ammalati per cui si costruiscono in fretta capanne di legno e paglia all’interno dello stesso lazzaretto.
Ma l’esecuzione era sempre più lenta che l’arrivo di nuovi malati e così muoiono per abbandono tanti bambini ai quali erano morte le madri di peste.
L’unica ed ampia fossa scavata vicino al lazzaretto è colma di cadaveri, così il presidente della sanità chiede a due frati che soprintendono al lazzaretto di provvedere alla situazione. Questi organizzano circa duecenti contadini per scavare tre grandi fosse, liberando la città dai cadaveri in otto giorni.
Il cardinale Federigo dà incitamento ed esempio a tutti, sebbene attorno a lui sia morta quasi tutta la famiglia arcivescovile e rifiuta il consiglio di ritirarsi in qualche villa per fuggire il pericolo della peste.
La pestilenza attira anche i criminali e i monatti, che approfittano del disastro per saccheggiare le case e ricattare le persone. Tuttavia, si manifestano anche atti di grande coraggio e altruismo da parte degli ecclesiastici e di altri volontari, che si prodigano per il bene del popolo.
Articolo aggiornato il 9 Aprile 2023 da eccoLecco