Personaggio storico: cugino di San Carlo Borromeo
Cardinal Federigo Borromeo: personaggio storico
Accoglie la conversione dell’Innominato
Il cardinale Federigo Borromeo è una persona realmente esistita: è il cugino del più famoso, nonché santo, Carlo Borromeo, “maggior di lui di ventisei anni“.
Figura storica, appartenente alla chiesa buona e protettore degli umili. Per approfondire leggi il sistema dei personaggi di Fido e i rapporti di forza nei Promessi Sposi di Calvino.
Manzoni riserva al cardinale Borromeo tre capitoli:
- capitolo 22 / digressione sulla storia e figura dell’ecclesiastico
- capitolo 23 / incontro con l’Innominato e conversione di quest’ultimo
- capitolo 28 / il cardinale visita i quartieri di Milano per portare soccorso ai bisognosi e poveri
Chi è il cardinale Federigo Borromeo?
Il narratore onnisciente dei Promessi Sposi ce lo presenta come “arcivescovo di Milano” all’inizio del capitolo 22, e dopo la parentesi dell’Innominato che si veste per andare ad incontrarlo, ci viene presentato per tutto il resto del capitolo con tanto di date rappresentative della sua vita.
Ecco che ritroviamo il realismo storico di cui Manzoni aveva discusso con il suo amico Fauriel.
- 1564 / nasce Federico Borromeo
per la precisione il 18 agosto 1564 da Giulio Cesare Borromeo e Caterina Trivulzio, due tra le più importanti famiglie milanesi del tempo. - 1580 / decide di intraprendere la carriere ecclesiastica
seguendo le orme del suo cugino Carlo Borromeo: “prese l’abito dalle mani di quel suo cugino Carlo, che una fama, già fin d’allora antica e universale, predicava santo“.
Entra in collegio a Pavia, fondato proprio da Pio IV nel 1561, di cui Federico divenne poi amministratore - 1587 / viene nominato cardinale
questa data non è indicata da Manzoni nel romanzo, la riportiamo noi per dare la cronistoria completa dei momenti salienti della vita di Federico Borromeo - 1595 / viene nominato arcivescovo di Milano
in data 11 giugno, nella basilica cardinalizia di S. Maria degli Angeli a Milano, per volere del papa Clemente VIII - 1631 / muore
Cardinal Federigo Borromeo: descrizione fisica
Sebbene Manzoni dedichi alla sua figura il capitolo 22, troviamo la descrizione fisica del cardinale Borromeo nel capitolo successivo, capitolo 23, quando si trova a tu per tu con l’Innominato.
Com’è il cardinale fisicamente?
- “portamento naturalmente composto, e quasi involontariamente maestoso“
- “non incurvato né impigrito dagli anni“
- “occhio grave e vivace“
- “fronte serena e pensierosa“
- canuto
- pallido
- “bellezza senile” che sicuramente fa pensare che in gioventù fosse bello
Ricordiamo che incontriamo il cardinale nel 1628, quindi all’età di 64 anni.
Cardinal Federigo Borromeo: descrizione del personaggio
Alla descrizione del carattere e in più in generale della figura del personaggio, Manzoni dedica molto spazio e termini e lo intende fare, infatti scrive proprio che
intorno a questo personaggio bisogna assolutamente che noi spendiamo quattro parole: chi non si curasse di sentirle, e avesse però voglia d’andare avanti nella storia, salti addirittura al capitolo seguente.
Ce lo introduce con l’anno della sua nascita, 1564, e subito gli associa una metafora per descrivere la purezza della sua figura durante l’intera sua vita:
La sua vita è come un ruscello che, scaturito limpido dalla roccia, senza ristagnare nè intorbidarsi mai, in un lungo corso per diversi terreni, va limpido a gettarsi nel fiume.
Nato in una famiglia ricca, Federico vive con “tutti i mezzi d’una grand’opulenza“, “tra gli agi e le pompe“, ma ciononostante sin da piccolo è attento “a quelle parole d’annegazione e d’umiltà“.
Una volta entrato in collegio a Pavia, oltre alle prescrizioni normali, da solo ne aggiunge altre due:
- “insegnar la dottrina cristiana ai più rozzi e derelitti del popolo“
- “visitare, servire, consolare e soccorrere gl’infermi“
E volle:
- “una tavola piuttosto povera che frugale“
- “un vestiario piuttosto povero che semplice“
Questa semplicità e povertà la ritroviamo anche poco più avanti nel capitolo, dopo che è stato nominato arcivescovo di Milano e quindi può godere dell’appannaggio economico della nuova carica ecclesiastica, quando ci viene espressamente indicato che il cardinale:
Diceva, come tutti dicono, che le rendite ecclesiastiche sono patrimonio de’ poveri: come poi intendesse infatti una tal massima, si veda da questo. Volle che si stimasse a quanto poteva ascendere il suo mantenimento e quello della sua servitù; e dettogli che seicento scudi (scudo si chiamava allora quella moneta d’oro che, rimanendo sempre dello stesso peso e titolo, fu poi detta zecchino), diede ordine che tanti se ne contasse ogni anno dalla sua cassa particolare a quella della mensa; non credendo che a lui ricchissimo fosse lecito vivere di quel patrimonio.
Gli avanzi “della sua mensa frugale” li destinava ai poveri.
Ci viene ancora descritto come:
- “uomo sommamente benefico e liberale“
- che spendeva soldi “in soccorso immediato de’ bisognosi“
- la cui vita “fu un continuo profondere ai poveri“
- avente una “carità inesausta“
- uomo socievole, dal “viso gioviale” e con una “cortesia affettuosa“
- “raro però era il risentimento in lui“
- “ammirato per la soavità de’ suoi modi“
- dotato di una “pacatezza imperturbabile“
- con una “felicità straordinaria di temperamento“
- contraddistinto da una “disciplina costante“
- con “un’indole viva e risentita“
- “non dava mai segno di gioia, nè di rammarico, nè d’ardore, nè d’agitazione” relativamente al suo interesse o gloria temporale
- modesto e con “avversione al predominare“
- “attento e infaticabile a disporre e a governare“
- caratterizzato da “discrezione e ritegno non comune“
- “uomo dotto“
- “uomo così ammirabile in complesso“
Per chiudere la descrizione delle caratteristiche umane di questo personaggio, il narratore ci dice che “i tratti notabili del suo carattere” sarebbero “certamente un complesso singolare di meriti in apparenza opposti, e certo difficili a trovarsi insieme.”
La sua caratteristica peculiare della carità la ritroviamo anche nel capitolo 28:
Quella carità ardente e versatile doveva tutto sentire, in tutto adoprarsi, accorrere dove non aveva potuto prevenire, prender, per dir così, tante forme, in quante variava il bisogno.
Ma subito Manzoni ci dice che questa attenzione alle piccole cose non faceva di lui una persona “incapace di disegni elevati“, alludendo alla “biblioteca ambrosiana“.
Il cardinale Borromeo e la Biblioteca Ambrosiana
La Biblioteca Ambrosiana a Milano esiste grazie al cardinale Federico Borromeo, che la
ideò con sì animosa lautezza, ed eresse, con tanto dispendio, da’ fondamenti; per fornir la quale di libri e di manoscritti, oltre il dono de’ già raccolti con grande studio e spesa da lui, spedì otto uomini, de’ più colti ed esperti che potè avere, a farne incetta, per l’Italia, per la Francia, per la Spagna, per la Germania, per le Fiandre, nella Grecia, al Libano, a Gerusalemme.
La biblioteca venne fondata il 6 settembre 1607, come da atto costitutivo, ma l’inaugurazione avvenne due anni dopo, il 7 dicembre 1609, nella festività di Sant’Ambrogio.
Stando alle informazione del romanzo, leggiamo che la biblioteca ospitava:
- “trentamila volumi stampati“
- “quattordicimila manoscritti“
- “una galleria di quadri, una di statue“
Il cardinale era un esperto collezionista, in particolare di fiamminghi (fu in carteggio con Brueghel) e di Caravaggio.
Ma il progetto del cardinale legato alla biblioteca ambrosiana non finisce qui, infatti lo stesso narratore ci indica che l’ecclesiastico ha voluto vicino alla biblioteca:
- “un collegio di dottori“ il cui compito “era di coltivare vari studi, teologia, storia, lettere, antichità ecclesiastiche, lingue orientali, con l’obbligo ad ognuno di pubblicar qualche lavoro sulla materia assegnatagli“
- “un collegio da lui detto trilingue, per lo studio delle lingue greca, latina e italiana“
- “un collegio d’alunni, che venissero istruiti in quelle facoltà e lingue, per insegnarle un giorno“
- “una stamperia di lingue orientali, dell’ebraica cioè, della caldea, dell’arabica, della persiana, dell’armena“
- “una scuola delle tre principali arti del disegno“, ovvero pittura, scultura, architettura
Qual era l’intento del cardinale Borromeo?
Il cardinale Federico Borromeo stabilisce delle regole per l’uso e la gestione della biblioteca, tra queste indica:
- “intento d’utilità perpetua“
- il bibliotecario doveva mantenere contatti costanti con le persone più dotte d’Europa ed acquistare i libri migliori
- “che a tutti, fossero cittadini o forestieri, si desse comodità e tempo di servirsene, secondo il bisogno“
Immagine di copertina: © Biblioteca Braidense. Bozze delle illustrazioni per l’edizione de “I Promessi sposi” del 1840 / n. 232
Articolo aggiornato il 9 Giugno 2022 da eccoLecco