I Promessi Sposi
Riassunto Capitolo 11
Dalla notte degli imbrogli si sono innescate diverse dinamiche: la prima immediata è la fuga di Renzo, Lucia ed Agnese da Lecco, con lo struggente Addio monti sorgenti.
Abbiamo visto che Lucia ed Agnese trovano rifugio presso il convento della monaca di Monza.
Renzo era diretto a Milano e lo troviamo in questo capitolo undicesimo. Allo stesso tempo ritroviamo anche don Rodrigo, collegato al tentato rapimento di Lucia (vedi riassunto capitolo 8 Promessi Sposi).
Se nel capitolo precedente, vedi riassunto capitolo 10 Promessi Sposi, le protagoniste erano principalmente le donne, qui vediamo cosa succede agli uomini.
“Come un branco di segugi, dopo aver inseguita invano una lepre, tornano mortificati verso il padrone, co’ musi bassi, e con le code ciondoloni, così in quella scompigliata notte, tornavano i bravi al palazzotto di don Rodrigo“.
Costui cammina avanti e indietro, poi ogni tanto si ferma per ascoltare se arrivi qualcuno: è impazienza e non privo di inquietudine, quando finalmente arriva il Griso che gli racconta com’è andata, facendogli la relazione, lo fa con “con quella dubbiezza e con quello sbalordimento, che dovevano per forza regnare insieme nelle sue idee“.
Don Rodrigo teme che nel palazzo ci sia una spia e se così fosse lui lo scoprirà, inoltre incarica il Griso che il giorno seguente si mescoli tra la gente per “scovar qualcosa intorno all’imbroglio di quella notte“.
Trascorsa la notte, don Rodrigo al mattino viene beffeggiato dal cugino, conte Attilio, che gli ricorda che è il giorno di San Martino (11 novembre) e quindi ha perso la sua scommessa. Ma don Rodrigo è preoccupato e crede che dietro alla mancata riuscita della sua azione ci sia lo “zampino di quel frate (…) con quel suo fare di gatta morta, e con quelle sue proposizioni sciocche”.
Il conte Attilio rassicura il cugino dicendogli che ci penserà lui a sistemare il frate, chiedendo aiuto al conte zio del Consiglio segreto e poi esce per andare a caccia, mentre don Rodrigo attende con ansia il ritorno del Griso, che rientra all’ora di pranzo “a far la sua relazione“.
Non c’è un discorso diretto, è il narratore onnisciente che ci informa come segue: “Lo scompiglio di quella notte era stato tanto clamoroso, la sparizione di tre persone da un paesello era un tal avvenimento, che le ricerche, e per premura e per curiosità, dovevano naturalmente esser molte e calde e insistenti; e dall’altra parte, gl’informati di qualche cosa eran troppi, per andar tutti d’accordo a tacer tutto“.
E più precisamente ci dice che “Perpetua non poteva farsi vedere sull’uscio, che non fosse tempestata da quello o da quell’altro, perchè dicesse chi era stato a far quella gran paura al suo padrone“, don Abbondio “poteva ben comandarle risolutamente, e pregarla cordialmente che stesse zitta”, Gervaso “a cui non pareva vero d’essere una volta più informato degli altri,(…) pareva d’esser diventato un uomo come gli altri, crepava di voglia di vantarsene“, Tonio sebbene gli indichi di tacere non si trattiene con la moglie, che non è muta. Solo Menica parla meno degli altri.
Mettendo insieme i diversi racconti, si forma il quadro e certamente il fatto che i bravi fossero stati avvistati in paese quella notte “imbrogliava tutta la storia“. Si mormora il nome di don Rodrigo, si parla dei due bravi visti in strada e di quello all’uscio dell’osteria.
E poi c’è la figura di un pellegrino che era andato via con Renzo, Lucia ed Agnese.
Don Rodrigo al termine del racconto grida – “Fuggiti insieme! (…) insieme! E quel frate birbante! Quel frate! (…) Quel frate me la pagherà. Griso! non son chi sono….. voglio sapere, voglio trovare…. questa sera, voglio saper dove sono. Non ho pace. A Pescarenico, subito, a sapere, a vedere, a trovare…. Quattro scudi subito, e la mia protezione per sempre. Questa sera lo voglio sapere. E quel birbone….! quel frate….!“.
Il Griso si mette di nuovo all’opera e la sera di quel giorno informa il suo padrone che “Lucia e sua madre s’eran ricoverate in un convento di Monza, e che Renzo aveva seguitata la sua strada fino a Milano“.
Don Rodrigo trascorre la notte pensando al da farsi e si alza con due disegni: il primo è chiaro e definito, ovvero inviare il Griso di andare subito a Monza “per aver più chiare notizie di Lucia, e sapere se ci fosse da tentar qualche cosa”, il secondo appena abbozzato riguardava Renzo: vuol trovare il modo di non farlo più tornare con Lucia, ma non può occuparsene direttamente, allora pensa di rivolgersi al dottor Azzecca-garbugli affinchè possa trovare “qualche garbuglio da azzeccare a quel villanaccio“.
Ed ecco che ci viene così introdotto Renzo, che “dopo la separazione dolorosa“, cammina da Monza verso Milano. Il suo pensiero si ingolfa “nella rabbia, e nel desiderio della vendetta“. Da un lato vede “quella gran macchina del Duomo“, ma voltandosi indietro, all’orizzonte, vedai suoi occhi compare “quella cresta frastagliata di montagne, vide distinto e alto tra quelle il suo Resegone“.
Renzo arriva a Milano e la sua attenzione è attratta da “certe strisce bianche e soffici, come di neve” che vede per terra e capisce che si tratta di farina. Oltre alla farina vede anche pagnotte in giro e vede gente che portava via pane. Renzo capisce che si trovava di fronte ad una rivolta, ma lui doveva andare al convento di padre Bonaventura con la lettera ricevuta da padre Cristoforo. Arrivato al convento trova il portinaio, che gli dice che il frate non si trova in convento ed invita Renzo ad andare ad aspettarlo in chiesa.
Renzo resta lì fermo con la lettera in mano, poi si muove verso la chiesa, ma prima decide di dare un’occhiata al tumulto. Attraversa la piazzetta e si porta sull’orlo della strada, dove si ferma con le braccia conserte a guardare verso l’interno della città, dove il brulichio è più folto e rumoroso.
Articolo aggiornato il 4 Ottobre 2023 da eccoLecco