“A trent’anni, si ravvolse nel sacco; e, dovendo, secondo l’uso, lasciare il suo nome, e prenderne un altro, ne scelse uno che gli rammentasse, ogni momento, ciò che aveva da espiare: e si chiamò fra Cristoforo”.
Padre Cristoforo: il mediatore e protettore nei Promessi Sposi
Funzione positiva e personaggio storico realmente esistito
Padre Cristoforo è la figura religiosa più importante dei Promessi Sposi e Alessandro Manzoni lo introduce nella storia all’inizio del IV capitolo quando il frate “uscì dal suo convento di Pescarenico, per salire alla casetta dov’era aspettato”.
Nel sistema dei personaggi svolge il ruolo di mediatore e protettore:
- confessore e confidente di Lucia Mondella, quindi mediatore tra Lucia e Dio, tra la sfera del divino e la sua rappresentante (vedi riassunto capitolo 3)
- mediatore con Renzo che vuole farsi giustizia da sé con Don Rodrigo (vedi riassunto capitolo 5)
- protettore ed artefice della fuga di Renzo e Lucia da Lecco (vedi riassunto capitolo 8)
- la prima persona che si prende cura degli appestati al Lazzaretto di Milano
- scioglie il voto che Lucia aveva contratto durante la prigionia al Castello dell’Innominato
La figura di Padre Cristoforo la troviamo sempre “in mezzo” ad altre figure e lui stesso incarna il trovarsi il mezzo tra due mondi:
- mondo reale, ovvero della natura, della personalità, dell’orgoglio, della forza vitale e creativa
- mondo ideale, ovvero della razionalità, del diritto, dell’abnegazione religiosa
Lo troviamo in mezzo anche quando Manzoni ci presenta chi era il frate cappuccino prima di vestire il saio. Vedi il riassunto del capitolo 4 in cui troviamo l’excursus sulla vita del religioso, prima borghese e figlio di un agiate mercante.
Analizzeremo più avanti l’aspetto caratteriale di Padre Cristoforo che riflette il suo percorso.
Ora vediamo chi era in realtà Padre Cristoforo e se è un personaggio storico realmente esistito oppure no.
Padre Cristoforo: personaggio storico
Sappiamo che Manzoni per scrivere I Promessi Sposi si è molto documentato, perché voleva che il suo romanzo fosse storico, quindi il realismo storico doveva essere evidente e comprovato da fatti realmente accaduti in quel periodo che va dal 1628 al 1631 che l’autore ha deciso di prendere come riferimento per ambientare il suo romanzo.
Decide di rappresentare la società lombarda del Seicento e per alcuni suoi personaggi si ispira a figure storiche realmente esistite, prendendo spunto dai personaggi che trova nei testi di Giuseppe Ripamonti (Innominato, Monaca di Monza, Cardinal Borromeo), mentre altri li inventa (Renzo, Lucia, don Abbondio, don Rodrigo).
Padre Cristoforo è una via di mezzo, possiamo dire, vediamo perché.
Compare per la prima volta con il nome di Padre Cristoforo da Cremona nel Fermo e Lucia ed è questo il nome che Manzoni ha trovato in alcune cronache relative al supporto ed ausilio prestato dai frati cappuccini agli appestati al Lazzaretto di Milano:
- nelle Memorie delle cose notabili successe in Milano intorno al mal contagioso l’anno 1630 di Pio La Croce
si menziona Padre Cristoforo come il frate che andò al Lazzaretto “per desiderio di andare a morire per Gesù Cristo (…) desiderio ch’ebbe poi felicissimo l’effetto corrispondente a’ 10 di giugno, morendo di peste, per il servizio di quei poveri” (pagina 12)
- gli Annali dell’Ordine de’ Frati Minori Cappuccini del p. Massimo Bertani da Verona
nel quale si precisa che Padre Cristoforo da Cremona apparteneva alla “nobilissima famiglia Picenardi“ (pagina 130)
- il Processo autentico sul servizio dei Cappuccini nella peste del 1630 a Milano (archivio di Stato di Milano, pubblicato ne “L’Italia francescana” 12 del 1937)
ci dice che morì di peste: “stimata da lui un catarro, ma dagli altri tutti giudicata vera peste, havendo servito con molto fervore di carità et esempi religiosi a’ poveri appestati” (pagine 226-237, 326-334, 415-420)
Possiamo quindi dire che Padre Cristoforo al Lazzaretto come raccontato da Manzoni può coincidere con Padre Cristoforo da Cremona, ma tutta la storia che lo contraddistingue prima non ha documentazione storica comprovante, quindi è fortemente attendibile che l’autore abbia inventato.
Presumibilmente l’excursus sulla vita nobile del frate, prima che prendesse i voti, potrebbe essere ricondotto ad un Alfonso III d’Este, duca di Modena e Reggio (1628-29), che abdicò proprio nella stessa data del romanzo diventando il frate cappuccino Giovambattista da Modena, principe estense ( vedi le Antichità estensi del Muratori).
Padre Cristoforo: aspetto fisico e caratteriale
Vediamo come Manzoni ci presenta Padre Cristoforo dal punto di vista fisico:
- “un uomo più vicino ai sessanta che ai cinquant’anni“
- “capo raso, salvo la piccola corona di capelli” classico dell’Ordine dei Frati Cappuccini
- aveva un “non so che d’altero e d’inquieto” quando alzava il capo, che però abbassava subito “per riflessione d’umiltà”
- i suoi occhi “incavati” “talvolta sfolgoravano, con vivacità repentina; come due cavalli bizzarri”, condotti a mano da un cocchiere, quindi controllati
“Ma perché si prendeva tanto pensiero di Lucia? E perché, al primo avviso, s’era mosso con tanta sollecitudine, come a una chiamata del padre provinciale? E chi era questo padre Cristoforo?” Bisogna soddisfare a tutte queste domande.
Il padre Cristoforo da *** era un uomo più vicino ai sessanta che ai cinquant’anni. Il suo capo raso, salvo la piccola corona di capelli, che vi girava intorno, secondo il rito cappuccinesco, s’alzava di tempo in tempo, con un movimento che lasciava trasparire un non so che d’altero e d’inquieto; e subito s’abbassava, per riflessione d’umiltà. La barba bianca e lunga, che gli copriva le guance e il mento, faceva ancor più risaltare le forme rilevate della parte superiore del volto, alle quali un’astinenza, già da gran pezzo abituale, aveva assai più aggiunto di gravità che tolto d’espressione. Due occhi incavati eran per lo più chinati a terra, ma talvolta sfolgoravano, con vivacità repentina; come due cavalli bizzarri, condotti a mano da un cocchiere, col quale sanno, per esperienza, che non si può vincerla, pure fanno, di tempo in tempo, qualche sgambetto, che scontan subito, con una buona tirata di morso.
I Promessi Sposi, cap. IV
Per quanto concerne il suo carattere dobbiamo capire la storia di Padre Cristoforo prima che diventi frate e quindi dobbiamo conoscere Ludovico, figlio di un ricco mercante.
Manzoni ci dice che:
- in gioventù era Lodovico, “figliuolo d’un mercante“
- aveva “abitudini signorili“
- la “sua indole onesta insieme e violenta, l’aveva poi imbarcato per tempo in altre gare più serie. Sentiva un orrore spontaneo e sincero per l’angherie e per i soprusi“
- “prendeva volentieri le parti d’un debole sopraffatto”
- “venne a costituirsi come un protettor degli oppressi” e “un vendicatore de’ torti”
- “tribolato continuamente da contrasti interni”
Tra le gare più serie un giorno Lodovico si imbatte in un prepotente che voleva che gli si facesse strada, ma Lodovico insieme al suo servitore Cristoforo non cedette all’arroganza e come accadeva a quei tempi la diatriba venne risolta con le spade. Cristoforo in difesa del suo padrone venne però trafitto dal prepotente signore e “a quella vista, Lodovico, come fuor di sé, cacciò la sua nel ventre del feritore, il quale cadde moribondo“.
Fu così, che per espiare tale omicidio, Lodovico decise di prendere i voti e “a trent’anni, si ravvolse nel sacco; e, dovendo, secondo l’uso, lasciare il suo nome, e prenderne un altro, ne scelse uno che gli rammentasse, ogni momento, ciò che aveva da espiare: e si chiamò fra Cristoforo”.
Padre Cristoforo incarna i limiti della sua persona, divisa tra due mondi (reale ed ideale), e Manzoni ce lo mostra in tensione tra i due aspetti che lo caratterizzano: egli si sforza di mediarli in se stesso, usando la forza vitale e quella sua vivace personalità che la vita gli ha dato e che dopo la conversione mette al servizio di Dio e degli altri. Padre Cristoforo, prima che mediatore per i poveri umili, è mediatore di se stesso tra il vecchio uomo che era ed il nuovo che è.
Ritroviamo la sua grinta cavalleresca quando parla con don Rodrigo:
“La vostra protezione!” esclamò, dando indietro di due passi, postandosi fieramente sul piede destro, mettendo la destra sull’anca, alzando la sinistra con l’indice teso verso don Rodrigo, e piantandogli in faccia due occhi fiammanti.
Cap. V
Ecco il momento in cui “l’uomo vecchio si trovò d’accordo col nuovo; e, in que’ casi, fra Cristoforo valeva veramente per due“.
Sempre rivolto al bene e alla povertà materiale, Padre Cristoforo denota una tale ricchezza d’animo che emerge dal romanzo come una figura principale dei Promessi Sposi.
Lodovico aveva contratte abitudini signorili; e gli adulatori, tra i quali era cresciuto, l’avevano avvezzato ad esser trattato con molto rispetto. Ma, quando volle mischiarsi coi principali della sua città, trovò un fare ben diverso da quello a cui era accostumato; e vide che, a voler esser della lor compagnia, come avrebbe desiderato, gli conveniva fare una nuova scuola di pazienza e di sommissione, star sempre al di sotto, e ingozzarne una, ogni momento. Una tal maniera di vivere non s’accordava, né con l’educazione, né con la natura di Lodovico. S’allontanò da essi indispettito. Ma poi ne stava lontano con rammarico; perché gli pareva che questi veramente avrebber dovuto essere i suoi compagni; soltanto gli avrebbe voluti più trattabili. Con questo misto d’inclinazione e di rancore, non potendo frequentarli famigliarmente, e volendo pure aver che far con loro in qualche modo, s’era dato a competer con loro di sfoggi e di magnificenza, comprandosi così a contanti inimicizie, invidie e ridicolo. La sua indole, onesta insieme e violenta, l’aveva poi imbarcato per tempo in altre gare più serie. Sentiva un orrore spontaneo e sincero per l’angherie e per i soprusi: orrore reso ancor più vivo in lui dalla qualità delle persone che più ne commettevano alla giornata; ch’erano appunto coloro coi quali aveva più di quella ruggine. Per acquietare, o per esercitare tutte queste passioni in una volta, prendeva volentieri le parti d’un debole sopraffatto, si piccava di farci stare un soverchiatore, s’intrometteva in una briga, se ne tirava addosso un’altra; tanto che, a poco a poco, venne a costituirsi come un protettor degli oppressi, e un vendicatore de’ torti. L’impiego era gravoso; e non è da domandare se il povero Lodovico avesse nemici, impegni e pensieri. Oltre la guerra esterna, era poi tribolato continuamente da contrasti interni; perché, a spuntarla in un impegno (senza parlare di quelli in cui restava al di sotto), doveva anche lui adoperar raggiri e violenze, che la sua coscienza non poteva poi approvare. Doveva tenersi intorno un buon numero di bravacci; e, così per la sua sicurezza, come per averne un aiuto più vigoroso, doveva scegliere i più arrischiati, cioè i più ribaldi; e vivere co’ birboni, per amor della giustizia. Tanto che, più d’una volta, o scoraggito, dopo una trista riuscita, o inquieto per un pericolo imminente, annoiato del continuo guardarsi, stomacato della sua compagnia, in pensiero dell’avvenire, per le sue sostanze che se n’andavan, di giorno in giorno, in opere buone e in braverie, più d’una volta gli era saltata la fantasia di farsi frate; che, a que’ tempi, era il ripiego più comune, per uscir d’impicci. Ma questa, che sarebbe forse stata una fantasia per tutta la sua vita, divenne una risoluzione, a causa d’un accidente, il più serio che gli fosse ancor capitato.
Immagine di copertina: © Biblioteca Braidense. Bozze delle illustrazioni per l’edizione de “I Promessi sposi” del 1840 / n. 038 – A cura di Guido Mura e Michele Losacco 16-12-2003 / Cap. IV – fra Cristoforo
Per approfondire: Struttura e personaggi dei Promessi Sposi di Enzo Noè Girardi, Jaca Books
Articolo aggiornato il 9 Giugno 2022 da eccoLecco