Lecco
Lucia, dopo la conversione dell’Innominato, trova ospitalità presso la casa dell’umile sarto di Chiuso.
Lucia, rapita e tenuta prigioniera presso il castello dell’Innominato trova nuovamente la libertà grazie alla pietà e al ravvedimento dell’Innominato, che si è convertito dopo il colloquio con il cardinal Borromeo nella chiesa del Beato Serafino, nel rione di Chiuso.
Don Abbondio e una buona donna, mandata proprio dal curato di quel villaggio, presso il quale era in visita il cardinale, si recano al castello per prendere Lucia.
La lettiga su cui viaggiano si allontana dal castello e scende lungo la valle allontanandosi, per poi svoltare su per la piazzetta al cui fianco sorgeva la casa del parroco e lì vicina la casa della donna, moglie dell’umile ma acculturato sarto del villaggio. Qui Lucia trova ospitalità e ristoro dopo la sua liberazione ed incontra la madre Agnese.
La loro casa fu espressamente citata da Alessandro Manzoni nella prima stesura del romanzo Fermo e Lucia: il piccolo isolato di Chiuso, descritto dallo scrittore, mantiene ancora le caratteristiche originali.
La casa è un esempio di architettura rurale del Seicento, oggi ristrutturata, con un portale in pietra.
Attualmente divenuta una struttura ricettiva extra-alberghiera, non è visitabile.
Per approfondire leggi: La famiglia del sarto: un esempio positivo di vita familiare
Bozza illustrazione per l’edizione dei Promessi Sposi del 1840, Biblioteca Braidense
Immagine di copertina: © eccoLecco
Cap. XXIV
Tutto questo movimento, quel punto d’aspetto, il primo apparire di persone nuove, cagionarono un soprassalto d’agitazione a Lucia, alla quale, se lo stato presente era intollerabile, ogni cambiamento però era motivo di sospetto e di nuovo spavento. Guardò, vide un prete, una donna; si rincorò alquanto: guarda più attenta: è lui, o non è lui? Riconosce don Abbondio, e rimane con gli occhi fissi, come incantata. La donna, andatale vicino, si chinò sopra di lei, e, guardandola pietosamente, prendendole le mani, come per accarezzarla e alzarla a un tempo, le disse: – oh poverina! venite, venite con noi.
– Chi siete? – le domandò Lucia; ma, senza aspettar la risposta, si voltò ancora a don Abbondio, che s’era trattenuto discosto due passi, con un viso, anche lui, tutto compassionevole; lo fissò di nuovo, e esclamò: – lei! è lei? il signor curato? Dove siamo?… Oh povera me! son fuori di sentimento!
– No, no, – rispose don Abbondio: – son io davvero: fatevi coraggio. Vedete? siam qui per condurvi via. Son proprio il vostro curato, venuto qui apposta, a cavallo…
Lucia, come riacquistate in un tratto tutte le sue forze, si rizzò precipitosamente; poi fissò ancora lo sguardo su que’ due visi, e disse: – è dunque la Madonna che vi ha mandati.
(…) La buona donna aveva subito tirate le tendine della lettiga: prese poi affettuosamente le mani di Lucia, s’era messa a confortarla, con parole di pietà, di congratulazione e di tenerezza. E vedendo come, oltre la fatica di tanto travaglio sofferto, la confusione e l’oscurità degli avvenimenti impedivano alla poverina di sentir pienamente la contentezza della sua liberazione, le disse quanto poteva trovar di più atto a distrigare, a ravviare, per dir così, i suoi poveri pensieri. Le nominò il paese dove andavano.(…)
– M’ha mandata il nostro curato, – disse la buona donna: – perché questo signore, Dio gli ha toccato il cuore (sia benedetto!), ed è venuto al nostro paese, per parlare al signor cardinale arcivescovo (che l’abbiamo là in visita, quel sant’uomo), e s’è pentito de’ suoi peccatacci, e vuol mutar vita; e ha detto al cardinale che aveva fatta rubare una povera innocente, che siete voi, d’intesa con un altro senza timor di Dio, che il curato non m’ha detto chi possa essere.
(…)La comitiva arrivò che le funzioni di chiesa non erano ancor terminate; passò per mezzo alla folla medesima non meno commossa della prima volta; e poi si divise. I due a cavallo voltarono sur una piazzetta di fianco, in fondo a cui era la casa del parroco; la lettiga andò avanti verso quella della buona donna. (…)La buona donna, fatta seder Lucia nel miglior luogo della sua cucina, s’affaccendava a preparar qualcosa da ristorarla. (…)Tutt’a un tratto, si sente uno scalpiccìo, e un chiasso di voci allegre. Era la famigliola che tornava di chiesa. Due bambinette e un fanciullo entran saltando; si fermano un momento a dare un’occhiata curiosa a Lucia, poi corrono alla mamma, e le s’aggruppano intorno: chi domanda il nome dell’ospite sconosciuta, e il come e il perché; chi vuol raccontare le maraviglie vedute: la buona donna risponde a tutto e a tutti con un – zitti, zitti -. Entra poi, con un passo più quieto, ma con una premura cordiale dipinta in viso, il padrone di casa. Era, se non l’abbiamo ancor detto, il sarto del villaggio, e de’ contorni; un uomo che sapeva leggere, che aveva letto in fatti più d’una volta il Leggendario de’ Santi, il Guerrin meschino e i Reali di Francia, e passava, in quelle parti, per un uomo di talento e di scienza: lode però che rifiutava modestamente, dicendo soltanto che aveva sbagliato la vocazione.
Dove si trova la Casa del Sarto?
Articolo aggiornato il 16 Ottobre 2023 da eccoLecco