La chiesa del Beato Serafino a Chiuso di Lecco, citata dal Manzoni nel Fermo e Lucia.
Chiesa del Beato Serafino a Chiuso, il buon curato del Fermo e Lucia
Alessandro Manzoni, per la realizzazione dei Promessi Sposi, fu ispirato sì dalla bellezze naturalistiche di Lecco e da alcuni luoghi dei suoi rioni, ma anche da figure realmente esistite come il curato di Chiuso, don Serafino Morazzone.
Lo scrittore, nella prima redazione del romanzo del 1822, intitolato Fermo e Lucia, nominava Chiuso indicandolo come “l’ultimo borgo collocato al confine tra il territorio di Lecco e quello di Bergamo” e citava le virtù del suo curato dicendo che “era un uomo che avrebbe lasciato di sé una memoria illustre, se la virtù sola bastasse a dare gloria fra gli uomini”. Questo passaggio fu poi eliminato dalla versione definitiva.
La piccola chiesa si trova fronte strada sulla provinciale che collega Lecco a Bergamo ed oggi è conosciuta come chiesa dedicata a San Giovanni Battista.
Di origine romanica, presenta la tipica struttura con una sola navata e facciata a capanna. La ricchezza di questa chiesa è racchiusa al suo interno, dove è conservato un pregevole ciclo di affreschi, risalenti al Quattrocento e attribuiti a Giovan Pietro da Cemmo.
Attenzione, perché non è qui che avviene la conversione dell’Innominato, bensì nella canonica di Chiuso, a poca distanza dalla Chiesa dedicata al Beato. L‘Innominato scende in paese dove la gente è allegra perché festeggia la visita del Cardinale Federigo Borromeo, arcivescovo di Milano. L’incontro tra i due avviene proprio nella chiesa del curato del paese vicino al castello dell’Innominato.
Attualmente annesso alla Chiesa di Chiuso è visitabile il museo dedicato a Beato Serafino Morazzone. Oltre a documenti ed oggetti legati al Beato si possono vedere anche le litografie originali dei Promessi Sposi realizzate da Roberto Focosi intorno al 1830, donate alla parrocchia negli anni scorsi da Ugo Riva.
Bozza illustrazione per l’edizione dei Promessi Sposi del 1840, Biblioteca Braidense
Immagine di copertina:© eccoLecco
Cap. XXII
Poco dopo, il bravo venne a riferire che, il giorno avanti, il cardinal Federigo Borromeo, arcivescovo di Milano, era arrivato a ***, e ci starebbe tutto quel giorno; e che la nuova sparsa la sera di quest’arrivo ne’ paesi d’intorno aveva invogliati tutti d’andare a veder quell’uomo; e si scampanava più per allegria, che per avvertir la gente. Il signore, rimasto solo, continuò a guardar nella valle, ancor più pensieroso.
(…) Il manoscritto non dice quanto ci fosse dal castello al paese dov’era il cardinale; ma dai fatti che siam per raccontare, risulta che non doveva esser più che una lunga passeggiata.
(…) S’accostò a uno, e gli domandò dove fosse il cardinale. – In casa del curato, – rispose quello, inchinandosi, e gl’indicò dov’era. Il signore andò là, entrò in un cortiletto dove c’eran molti preti, che tutti lo guardarono con un’attenzione maravigliata e sospettosa.
Cap. XXIII
Il cardinal Federigo, intanto che aspettava l’ora d’andar in chiesa a celebrar gli ufizi divini, stava studiando, com’era solito di fare in tutti i ritagli di tempo; quando entrò il cappellano crocifero, con un viso alterato.
– Una strana visita, strana davvero, monsignore illustrissimo!
– Chi è? – domandò il cardinale.
– Niente meno che il signor… – riprese il cappellano – e spiccando le sillabe con una gran significazione, proferì quel nome che noi non possiamo scrivere ai nostri lettori. Poi soggiunse: – è qui fuori in persona; e chiede nient’altro che d’esser introdotto da vossignoria illustrissima.
(…) Appena introdotto l’innominato, Federigo gli andò incontro, con un volto premuroso e sereno, e con le braccia aperte, come a una persona desiderata, e fece subito cenno al cappellano che uscisse: il quale ubbidì.
I due rimasti stettero alquanto senza parlare, e diversamente sospesi. L’innominato, ch’era stato come portato lì per forza da una smania inesplicabile, piuttosto che condotto da un determinato disegno, ci stava anche come per forza, straziato da due passioni opposte, quel desiderio e quella speranza confusa di trovare un refrigerio al tormento interno, e dall’altra parte una stizza, una vergogna di venir lì come un pentito, come un sottomesso, come un miserabile, a confessarsi in colpa, a implorare un uomo: e non trovava parole, né quasi ne cercava. Però, alzando gli occhi in viso a quell’uomo, si sentiva sempre più penetrare da un sentimento di venerazione imperioso insieme e soave, che, aumentando la fiducia, mitigava il dispetto, e senza prender l’orgoglio di fronte, l’abbatteva, e, dirò così, gl’imponeva silenzio.
Articolo aggiornato il 9 Giugno 2022 da eccoLecco
Chiesa di San Giovanni Battista, detta del Beato Serafino Corso Bergamo, 116 – Lecco, fraz. Chiuso