Lecco nel 1600 è borgo fortificato con un proprio castello: ambientazione storica dei Promessi Sposi
Alessandro Manzoni, dopo aver scattato la fotografia naturalistica del territorio con il lago, le montagne e l’Adda, prosegue con la descrizione di Lecco, “la principale di quelle terre”, definendola un borgo che si incammina a diventare città.
Nel Seicento, periodo storico in cui I Promessi Sposi sono ambientati, Lecco era un borgo fortificato sotto il dominio spagnolo ed aveva un castello, fatto costruire nel Trecento dalla famiglia milanese Visconti, per volontà di Azzone Visconti.
Del poderoso castello e borgo fortificato oggi resta visibile solo la Torre Viscontea (piazza XX Settembre) e parte della cinta muraria con il vallo delle mura (vicino a Via Bovara), dove si trovava il Palazzo dei governatori spagnoli, ora Biblioteca, e nei pressi della Basilica di San Nicolò dove è visibile il bastione rotondo su cui è stato eretto il campanile.
Lo scrittore poi ci dipinge il territorio circostante Lecco con le strade più o meno ripide e piane, con i paesetti posti sulle rive del fiume, incastonati sempre in quello spettacolare ambiente naturale che Lecco offre: abbracciata dai monti e specchiata nel lago.
Bozza illustrazione per l’edizione dei Promessi Sposi del 1840, Biblioteca Braidense
Immagine di copertina: ©eccoLecco
Cap. I
Lecco, la principale di quelle terre, e che dà nome al territorio, giace poco discosto dal ponte, alla riva del lago, anzi viene in parte a trovarsi nel lago stesso, quando questo ingrossa: un gran borgo al giorno d’oggi, e che s’incammina a diventar città. Ai tempi in cui accaddero i fatti che prendiamo a raccontare, quel borgo, già considerabile, era anche un castello, e aveva perciò l’onore d’alloggiare un comandante, e il vantaggio di possedere una stabile guarnigione di soldati spagnoli, (…). Dall’una all’altra di quelle terre, dall’alture alla riva, da un poggio all’altro, correvano, e corrono tuttavia, strade e stradette, più o men ripide, o piane; ogni tanto affondate, sepolte tra due muri, donde, alzando lo sguardo, non iscoprite che un pezzo di cielo e qualche vetta di monte; ogni tanto elevate su terrapieni aperti: e da qui la vista spazia per prospetti più o meno estesi, ma ricchi sempre e sempre qualcosa nuovi, secondo che i diversi punti piglian più o meno della vasta scena circostante, e secondo che questa o quella parte campeggia o si scorcia, spunta o sparisce a vicenda. Dove un pezzo, dove un altro, dove una lunga distesa di quel vasto e variato specchio dell’acqua; di qua lago, chiuso all’estremità o piùttosto smarrito in un gruppo, in un andirivieni di montagne, e di mano in mano più allargato tra altri monti che si spiegano, a uno a uno, allo sguardo, e che l’acqua riflette capovolti, co’ paesetti posti sulle rive; di là braccio di fiume, poi lago, poi fiume ancora, che va a perdersi in lucido serpeggiamento pur tra’ monti che l’accompagnano, degradando via via, e perdendosi quasi anch’essi nell’orizzonte. Il luogo stesso da dove contemplate que’ vari spettacoli, vi fa spettacolo da ogni parte: il monte di cui passeggiate le falde, vi svolge, al di sopra, d’intorno, le sue cime e le balze, distinte, rilevate, mutabili quasi a ogni passo, aprendosi e contornandosi in gioghi ciò che v’era sembrato prima un sol giogo, e comparendo in vetta ciò che poco innanzi vi si rappresentava sulla costa: e l’ameno, il domestico di quelle falde tempera gradevolmente il selvaggio, e orna vie più il magnifico dell’altre vedute.
Articolo aggiornato il 8 Giugno 2022 da eccoLecco