I Promessi Sposi
Riassunto Capitolo 10
Il nono capitolo si chiude con Gertrude che scrive al padre una lettera “implorando il perdono” (vedi riassunto capitolo 9 Promessi Sposi) e “al legger quella lettera, il principe ***” intravede “subito lo spiraglio aperto alle sue antiche e costanti mire“, ovvero al fatto che la figlia diventasse monaca.
La fa chiamare e Gertrude compare “senza alzar gli occhi in viso al padre” e gli si inginocchia davanti e con un filo di voce dice – “perdono” – e chiede cosa debba fare. Il principe non le risponde direttamente, ma inizia a parlare a lungo dell’errore della figlia. “La misera ascoltatrice” è annichilita.
Le parole del padre diventano più dolci e dice a Gertrude -“avete sperimentato in parte il padre severo; ma da qui innanzi proverete tutto il padre amoroso“, poi annuncia alla principessa e al principino la volontà estorta della figlia aggiungendo che “Gertrude non ha più bisogno di consigli; ciò che noi desideravamo per suo bene, l’ha voluto lei spontaneamente. È risoluta, m’ha fatto intendere che è risoluta…(…) che è risoluta di prendere il velo“.
Presa questa decisione, la stessa va comunicata alla badessa e si decide di farlo l’indomani stesso. Nel mentre il padre va dal vicario delle monache, che dovrà venire ad interrogare Gertrude per essere certo della sua volontà a farsi monaca. Il narratore ci dice che “in tutto il resto di quella giornata, Gertrude non ebbe un minuto di bene” e che “la sposina ne fu l’idolo, il trastullo, la vittima“. Gertrude viene servita e riverita, ma in questo climax da idolo a vittima viene espresso e sviluppato il tema della sadica ipocrisia esercitata da tutta la famiglia, che adempie ad una sorta di rito sacrificale di un suo membro per obbedienza ai costumi della classe.
Dopo due giorni arriva il vicario delle monache che pone a Gertrude diverse domande, ma lei è “determinata d’ingannarlo“, così che l’interrogare è “prima stanco d’interrogare, che la sventurata di mentire“.
“Mi fo monaca (…) mi fo monaca, di mio genio, liberamente” e “stanca di quel lungo strazio” chiede di entrare al più presto possibile nel monastero. Viene “condotta pomposamente al monastero” dove veste l’abito e “dopo dodici mesi di noviziato, pieni di pentimenti e ripentimenti” arriva il “momento della professione e diventa “monaca per sempre“.
Qui Alessandro Manzoni ci dipinge chiaramente il moto d’animo interiore di Gertrude :
Gertrude avrebbe potuto essere una monaca santa e contenta, comunque lo fosse divenuta. Ma l’infelice si dibatteva in vece sotto il giogo, e così ne sentiva più forte il peso e le scosse. Un rammarico incessante della libertà perduta, l’abborrimento dello stato presente, un vagar faticoso dietro a desidèri che non sarebbero mai soddisfatti, tali erano le principali occupazioni dell’animo suo.
Rimasticava quell’amaro passato, ricomponeva nella memoria tutte le circostanze per le quali si trovava lì; e disfaceva mille volte inutilmente col pensiero ciò che aveva fatto con l’opera; accusava sè di dappocaggine, altri di tirannia e di perfidia; e si rodeva. Idolatrava
insieme e piangeva la sua bellezza, deplorava una gioventù destinata a struggersi in un lento martirio, e invidiava, in certi momenti, qualunque donna, in qualunque condizione, con qualunque coscienza, potesse liberamente godersi nel mondo que’ doni.
Poco dopo la professione Gertrude viene nominata “maestra dell’educande“, che tratta con astio e desiderio di vendetta, quasi come se volesse far loro scontare i piaceri che avrebbe goduto un giorno.
Ma Gertrude non è una monaca come tutte le altre, infatti gode di “distinzioni e privilegi” che le sono stati dati “per compensarla di non poter essere badessa”, tra questi c’è il fatto di poter abitare in “un quartiere a parte“. E proprio il lato di monastero in cui stava Gertrude è “contiguo a una casa abitata da un giovine, scellerato di professione (…) il manoscritto lo chiama Egidio“, che vede Gertrude passeggiare nel cortile ed un giorno le rivolge la parola e “la sventurata” risponde.
Cosa succede tra i due? Manzoni non è esplicito, ma ci dice che Gertrude prova “una contentezza, non schietta al certo, ma viva. Nel vòto uggioso dell’animo suo s’era venuta a infondere un’occupazione forte, continua e, direi quasi, una vita potente; ma quella contentezza era simile alla bevanda ristorativa che la crudeltà ingegnosa degli antichi mesceva al condannato, per dargli forza a sostenere i tormenti. Si videro, nello stesso tempo, di gran novità in tutta la sua condotta: divenne, tutt’a un tratto, più regolare, più tranquilla, smesse gli scherni e il brontolìo, si mostrò anzi carezzevole e manierosa“.
Le suore sono contente di questo “cambiamento felice“, sebbene lontane “dall’immaginarne il vero motivo“. Ma non dura molto, perché presto Gertrude riprende con “i soliti dispetti e i soliti capricci“, fin quando un giorno esagera oltre modo con una conversa, che le dice che “lei sapeva qualche cosa, e che, a tempo e luogo, avrebbe parlato.”
Da quel momento la signora di Monza non ha più pace.
Non trascorre molto tempo che, una mattina, la conversa viene aspettata come accade usualmente per le preghiere, ma non arriva e non è nella sua cella e non si trova, “non c’è in nessun luogo“. Viene trovato un buco nel muro dell’orto e si pensa che possa essere scappata da lì. Si compiono “gran ricerche in Monza e ne’ contorni“, ma di lei non si ha più notizia alcuna.
Da questo fatto è trascorso quasi un anno e proprio dopo un anno Lucia arriva al convento con Agnese per trovare rifugio sicuro da don Rodrigo, su consiglio di padre Cristoforo. Vedi riassunto capitolo 8 Promessi Sposi.
La monaca di Monza moltiplica “le domande intorno alla persecuzione di don Rodrigo”, entrano in certi particolari con intrepidezza che a Lucia fece specie che una religiosa potesse spingersi così in certi discorsi. Lucia rimane con “uno stupore dispiacevole” e in “confuso spavento“.
Agnese la tranquillizza dicendole di non farsene meraviglia e le due donne vengono alloggiate “nel quartiere della fattoressa contiguo al monastero“.
Vi indichiamo di leggere la vera storia della monaca di Monza, ovvero di Marianna de Leyva, dal quale il Manzoni ha preso ispirazione per il suo personaggio.
Articolo aggiornato il 9 Giugno 2022 da eccoLecco