I Promessi Sposi
Riassunto Capitolo 12
Il capitolo dodicesimo dei Promessi Sposi, sebbene ci racconti Renzo a Milano, apre una parentesi sul periodo storico in cui Alessandro Manzoni ambienta I Promessi Sposi.
Nel primo capitolo, quando don Abbondio incontra i Bravi, troviamo l’anno ed il giorno esatti e ritroviamo nuovamente l’anno in questo 12° cap.: è il 1628, “il second’anno di raccolta scarsa“.
Lo scrittore ci ripresenta il tema della carestia, già accennata in diverse prospettive:
- lo stato economico di Renzo (vedi riassunto capitolo 2 Promessi Sposi)
- il colloquio tra Agnese, Lucia e fra Galdino (vedi riassunto capitolo 3 Promessi Sposi)
- il paesaggio umano visto da padre Cristoforo (vedi riassunto capitolo 4 Promessi Sposi)
- le chiacchiere a tavola al palazzotto di don Rodrigo (vedi riassunto capitolo 5 Promessi Sposi)
- in maniera allusiva relativamente alla cena a casa di Tonio (vedi riassunto capitolo 6 Promessi Sposi)
- nella scena dei contadini di ritorno dai campi che precede la notte degli imbrogli (vedi riassunto capitolo 7 Promessi Sposi)
Renzo è arrivato a Milano e si accorge che in città c’è un tumulto, ma ancora non ha chiaro di cosa si tratti. E lo scopriamo adesso.
In città e nei paesi limitrofi c’è mancanza di approvvigionamenti, un po’ a causa della guerra, quella di successione al ducato di Mantova, fronte secondario della guerra dei Trent’anni, e un po’ per negligenza degli uomini, che senza accortezza hanno sciupato le risorse. Così ci dice Manzoni, introducendo la situazione che affliggeva tutto il milanese.
“Gl’incettatori di grano, reali o immaginari, i possessori di terre, che non lo vendevano tutto in un giorno, i fornai che ne compravano, tutti coloro in somma che ne avessero o poco o assai, o che avessero il nome d’averne, a questi si dava la colpa della penuria e del rincaro, questi erano il bersaglio del lamento universale, l’abbominio della moltitudine male e ben vestita. (…) il male durava e cresceva”.
Siamo nel periodo del dominio spagnolo e chiaramente viene indicato che il governatore don Gonzalo Fernandez de Cordova non è in città, perché si trova al comando dell’assedio di Casale del Monferrato (vedi guerra sopra), ed al suo posto a Milano governava il cancelliere Antonio Ferrer, che decide di fissare il prezzo del pane alla metà di quanto sarebbe giusto.
La gente così accorre subito ai forni “a chieder pane al prezzo tassato” e lo chiede con così tanta risolutezza e minaccia, animati dalla “passione, la forza e la legge riunite insieme“.
Si assiste ad un vero e proprio assalto ai forni, ma ovviamente i fornai iniziano a lamentarsi, ma il cancelliere resta irremovibile nella sua scelta.
Sono i decurioni “(un magistrato municipale composto di nobili, che durò fino al novantasei del secolo scorso)” che informano per lettera il governatore, il quale nomina una giunta alla quale conferisce l’autorità di stabilire il prezzo del pane ad un prezzo che fosse equo per entrambe le parti in causa.
“I fornai respirarono; ma il popolo imbestialì“.
Era il giorno prima in cui Renzo arriva a Milano. La gente è imbestialita e le strade e le piazze brulicano di uomini, accomunati dalla rabbia e da un pensiero comune. Il primo assalto vede come vittima il garzone di un fornaio che sta portando il pane ad un signore. “Il ragazzetto diventa rosso, pallido, trema, vorrebbe dire: lasciatemi andare; ma la parola gli muore in bocca; allenta le braccia“: il pane è in terra.
“Al forno! al forno!” gridano.
Viene assaltato il forno delle grucce nella Corsia de’ Servi, attuale corso Vittorio Emanuele, ed interviene la polizia a cercare di mettere ordine e cercando di rabbonire le persone: “il capitano di giustizia” si affaccia ad una finestra del forno, ma viene colpito da un sasso. Il forno viene assaltato e saccheggiato: “il pane è messo a ruba“.
“Mentre quel forno veniva così messo sottosopra, nessun altro della città era quieto e senza pericolo“.
Ecco la situazione in cui si trova Renzo mentre cammina verso la porta orientale, avviandosi, a sua insaputa, proprio verso il centro del tumulto. Mentre cammina guarda ed ascolta ed arriva davanti ad un forno, ormai saccheggiato. “Fatto un fascio d’asse spezzate e di schegge” se lo mette in spalla e si avvia seguendo tutti gli altri, ma quasi senza muoversi, salvo non fosse trascinato dai grandi flussi di persone.
Renzo pensa se debba uscire “dal baccano, e ritornare al convento, in cerca del padre Bonaventura, o andare a vedere” cosa accade. Anche stavolta prevale la sua curiosità.
Cammina per le vie di Milano seguendo la folla e capisce che il colpevole della situazione venutasi a creare è il vicario. “Dal vicario! dal vicario!” è l’unico grido che si sente.
Articolo aggiornato il 8 Giugno 2022 da eccoLecco