La notte di Lucia e dell’Innominato
Nelle stanza del castello prende forma la salvezza dei personaggi
Il voto di Lucia e il principio di conversione dell’Innominato
E’ uno dei momenti più salienti e cruciali del romanzo, quello del racconto della notte di Lucia e dell’Innominato, che avviene nel capitolo 21 dei Promessi Sposi.
Ricordiamo brevemente che:
- don Rodrigo aveva chiesto aiuto all’Innominato per rapire Lucia
- il rapimento di Lucia al convento di Monza con l’aiuto di Egidio, amante e complice della monaca di Monza
- la notte da prigioniera di Lucia presso il castello dell’Innominato
La notte tormentata di Lucia e dell’Innominato
Angoscia, tormento, paura, terrore, orrore e insonnia connotano perfettamente la notte di Lucia e dell’Innominato, che vivono con un turbine di emozioni, sensazioni e pensieri diversi la notte.
Abbiamo visto nel capitolo 20, dopo il colloquio di don Rodrigo con l’Innominato, che quest’ultimo si era pentito dell’aiuto prestato e nella sua mente cominciano ad affiorare pensieri tormentati sul suo passato e sulle scelleratezze commesse.
Inizio di un percorso che ha la svolta con il dialogo con Lucia, che costituisce l’innesco per giungere ai rispettivi sofferti esiti:
- il voto di castità di Lucia / terrore che ispira coraggio nel momento del pericolo
- la conversione dell’Innominato / un terrore santo, quello del giudizio divino che lo redime
Nello stesso luogo, il castello dell’Innominato, in due stanze diverse, assistiamo alla veglia dei due personaggi, che vivono un percorso interiore speculare: dal tormento alla liberazione, seppure con animo e pensieri completamente diversi.
Da evidenziare la scelta dello spazio: due luoghi chiusi, protetti e intimi, luoghi di riflessione interiore, struggimento.
La notte dell’Innominato: il terrore, l’orrore, la mancanza di coraggio, il principio di conversione
L’Innominato non riesce a prendere sonno: è tormentato dai rimorsi e sfiorato dalla drammatica tentazione del suicidio.
Solo con lo spuntare del sole, la luce del giorno illumina anche la sua anima e la sua mente, facendo presagire la redenzione del personaggio.
Vediamo come il narratore onnisciente dei Promessi Sposi ci mostra il percorso interiore che l’Innominato compie:
- discesa verso il basso rappresentata da un’atmosfera di incubo e prostrazione
- risalita verso la liberazione dal tormento e la grazia di Dio
LA NASCITA DELL’UOMO NUOVO
L’Innominato è solo, chiuso nella sua stanza, e dopo l’incontro con Lucia inizia a pensare e l’immagine della giovane è fissa nella sua mente.
«Che sciocca curiosità da donnicciola,» pensava «m’è venuta di vederla?… uno non è più uomo… Cos’è stato? che diavolo m’è venuto addosso? che c’è di nuovo?
IL TERRORE DEL PASSATO E IL PENTIMENTO CHE LO ASSALE
Ecco il groviglio di sentimenti diversi che lo attanaglia: il pentimento dell’uomo nuovo che sta sorgendo e la rabbia per l’uomo vecchio.
Ma la rimembranza di tali imprese, non che gli ridonasse la fermezza, che già gli mancava, di compir questa; non che spegnesse nell’animo quella molesta pietà; vi destava invece una specie di terrore, una non so qual rabbia di pentimento.
(…) le posso anche dire: perdonatemi…. Perdonatemi? io domandar perdono? a una donna? io…! Ah, eppure! se una parola, una parola tale mi potesse far bene, levarmi d’addosso un po’ di questa diavoleria, la direi; eh! sento che la direi.
(…) Tutto gli appariva cambiato.
(…) Pensando alle imprese avviate e non finite (…) sentiva una tristezza, quasi uno spavento de’ passi già fatti.
IL TEMPO PRESENTE SVUOTATO
Il passato che lo spaventava, e allora adesso cosa fare? Come riempire il tempo?
Il tempo gli s’affacciò davanti voto d’ogni intento, d’ogni occupazione, d’ogni volere, pieno soltanto di memorie intollerabili; tutte l’ore somiglianti a quella che gli passava così lenta, così pesante sul capo. Si schierava nella fantasia tutti i suoi malandrini, e non trovava da comandare a nessuno di loro una cosa che gl’importasse; anzi l’idea di rivederli, di trovarsi tra loro, era un nuovo [p. 407 modifica]peso, un’idea di schifo e d’impiccio.
L’ESAME DI COSCIENZA DELLA SUA VITA
L’Innominato intravede “quel nuovo lui (…) cresciuto terribilmente a un tratto” che è lì pronto a giudicare l’antico e si trova così “ingolfato nell’esame di tutta la sua vita“.
E così ripensa a tutte le scelleratezze commesse in passato che gli sembrano ad oggi mostruose.
(…) il tormentato esaminator di sè stesso, per rendersi ragione d’un sol fatto, si trovò ingolfato nell’esame di tutta la sua vita. Indietro, indietro, d’anno in anno, d’impegno in impegno, di sangue in sangue, di scelleratezza in scelleratezza: ognuna ricompariva all’animo consapevole e nuovo, separata da’ sentimenti che l’avevan fatta volere e commettere; ricompariva con una mostruosità che que’ sentimenti non avevano allora lasciato scorgere in essa. Eran tutte sue, eran lui: l’orrore di questo pensiero, rinascente a ognuna di quell’immagini, attaccato a tutte, crebbe fino alla disperazione.
TERRORE, ORRORE, DISPERAZIONE
L’Innominato prova terrore ed orrore: è tormentato. Questa sensazione, molto evidente, viene ripetuta in più passaggi del romanzo.
Alla fine l’Innominato non trova il coraggio di farla finita e continua a rimuginare pensieri sul da farsi, a differenza di Lucia che trova invece il coraggio di compiere l’azione del voto.
Però il gesto di abbassare la pistola, di allontanare la morte dai pensieri, gli fa ritornare alla mente le “parole che aveva sentite e risentite” da Lucia: -“Dio perdona tante cose, per un’opera di misericordia!” – .
S’immaginava con raccapriccio il suo cadavere sformato, immobile, in balìa del più vile sopravvissuto; la sorpresa, la confusione nel castello, il giorno dopo: ogni cosa sottosopra; lui, senza forza, senza voce, buttato chi sa dove. Immaginava i discorsi che se ne sarebber fatti lì, d’intorno, lontano; la gioia de’ suoi nemici. Anche le tenebre, anche il silenzio, gli facevan veder nella morte qualcosa di più tristo, di spaventevole; gli pareva che non avrebbe esitato, se fosse stato di giorno, all’aperto, in faccia alla gente: buttarsi in un fiume e sparire. E assorto in queste contemplazioni tormentose, andava alzando e riabbassando, con una forza convulsiva del pollice, il cane della pistola; quando gli balenò in mente un altro pensiero. “Se quell’altra vita di cui m’hanno parlato quand’ero ragazzo, di cui parlano sempre, come se fosse cosa sicura; se quella vita non c’è, se è un’invenzione de’ preti; che fo io? perchè morire? cos’importa quello che ho fatto? cos’importa? è una pazzia la mia…. E se c’è quest’altr a vita….!”.
A un tal dubbio, a un tal rischio, gli venne addosso una disperazione più nera, più grave, dalla quale non si poteva fuggire, neppur con la morte. Lasciò cader l’arme, e stava con le mani ne’ capelli, battendo i denti, tremando.
L’IMMAGINE DI LUCIA, LE SUE PAROLE: GRAZIA E CONSOLAZIONE
L’Innominato viene illuminato dalle parole proferite qualche ora prima da Lucia che richiamano la misericordia di Dio.
Queste parole e l’immagine della giovane generano un senso di conforto, di speranza nel suo animo.
Tutt’a un tratto, gli tornarono in mente parole che aveva sentite e risentite, poche ore prima: — Dio perdona tante cose, per un’opera di misericordia! — E non gli tornavan già con quell’accento d’umile preghiera, con cui erano state proferite; ma con un suono pieno d’autorità, e che insieme induceva una lontana speranza.
(…) e la vedeva, non come la sua prigioniera, non come una supplichevole, ma in atto di chi dispensa grazie e consolazioni. Aspettava ansiosamente il giorno, per correre a liberarla, a sentire dalla bocca di lei altre parole di refrigerio e di vita; s’immaginava di condurla lui stesso alla madre.
LA VOLONTÀ DEL NUOVO IO
Dopo i tormenti, l’orrore e la disperazione, le parole di Lucia lo rasserenano e gli è chiaro cosa deve fare: liberare la sua prigioniera.
Aspettava ansiosamente il giorno, per correre a liberarla, a sentire dalla bocca di lei altre parole di refrigerio e di vita; s’immaginava di condurla lui stesso alla madre.
IL NUOVO GIORNO: LA RINASCITA
Fu notte e viene il giorno, con esso il rischiarsi delle tenebre gettano luce anche sull’animo e le intenzione dell’Innominato.
Il giorno si risveglia con l’allegro scampanio in lontananza: giorno nuovo, giorno di festa.
Ed ecco, appunto sull’albeggiare, pochi momenti dopo che Lucia s’era addormentata, ecco che, stando così immoto a sedere, sentì arrivarsi all’orecchio come un’onda di suono non bene espresso, ma che pure aveva non so che d’allegro. Stette attento, e riconobbe uno scampanare a festa lontano; e dopo qualche momento, sentì anche l’eco del monte, che ogni tanto ripeteva languidamente il concento, e si confondeva con esso.
La notte di Lucia: paura, terrore, coraggio, il voto di castità
Lucia, da quando viene rapita, ha paura: paura perché non sa con chi si trova, dove stia andando e perché.
Vive la paura come percezione di un pericolo incombente e trema.
Le viene ripetuto spesso “coraggio” dai bravi, dalla vecchia, dall’Innominato.
Una parola che ricorre spesso: il coraggio che poi lei trova in se stessa, interiormente, e la spinge a compiere la scelta del voto e liberarsi così dal tormento che l’affligge.
Dal terrore alla liberazione, dall’insonnia al sonno.
Lucia se ne sta sempre da sola “raggomitolata nel cantuccio“: un senso di chiusura, di intimità, di isolamento dagli altri, sebbene gli altri l’abbiano isolata dai suoi affetti più cari.
Lucia stava immobile in quel cantuccio, tutta in un gomitolo, con le ginocchia alzate, con le mani appoggiate sulle ginocchia, e col viso nascosto nelle mani. Non era il suo nè sonno nè veglia, ma una rapida successione, una torbida vicenda di pensieri, d’immaginazioni, di spaventi. Ora, più presente a sè stessa, e rammentandosi più distintamente gli orrori veduti e sofferti in quella giornata, s’applicava dolorosamente alle circostanze dell’oscura e formidabile realtà in cui si trovava avviluppata; ora la mente, trasportata in una regione ancor più oscura, si dibatteva contro i fantasmi nati dall’incertezza e dal terrore.
Non riesce ad addormentarsi neppure lei, come l’Innominato.
Stette un pezzo in quest’angoscia; alfine, più che mai stanca e abbattuta, stese le membra intormentite, si sdraiò, o cadde sdraiata, e rimase alquanto in uno stato più somigliante a un sonno vero.
Poi però un moto interiore dell’anima la risveglia, la illumina: deve capire dove si trova e perché.
La consapevolezza di essere prigioniera le rinnova lo spavento e vinta dall’affanno desidera morire.
Ma tutt’a un tratto si risentì, come a una chiamata interna, e provò il bisogno di risentirsi interamente, di riaver tutto il suo pensiero, di conoscere dove fosse, come, perchè.
(…)
Ma ben presto le recenti impressioni, ricomparendo nella mente, l’aiutarono a distinguere ciò che appariva confuso al senso. L’infelice risvegliata riconobbe la sua prigione: tutte le memorie dell’orribil giornata trascorsa, tutti i terrori dell’avvenire, l’assalirono in una volta: quella nuova quiete stessa dopo tante agitazioni, quella specie di riposo, quell’abbandono in cui era lasciata, le facevano un nuovo spavento: e fu vinta da un tale affanno, che desiderò di morire.
Ma dovrà pur esserci un modo per alleviare tale spavento e Lucia decide così di pregare. Le nasce “un’improvvisa speranza” e nel cuore sente “crescere una fiducia indeterminata“.
Ecco che lo spavento ed il terrore di Lucia si convertono, mediante la preghiera, in coraggio e speranza.
Ma in quel momento, si rammentò che poteva almen pregare, e insieme con quel pensiero, le spuntò in cuore come un’improvvisa speranza. Prese di nuovo la sua corona, e ricominciò a dire il rosario; e, di mano in mano che la preghiera usciva dal suo labbro tremante, il cuore sentiva crescere una fiducia indeterminata.
Ma la preghiera può essere sufficiente di per se stessa? Sarà gradita a Dio e sufficiente per toglierla dalla situazione in cui si trova?
Allora Lucia decide che deve offrire qualcosa. Decide di offrire se stessa alla Vergine santissima: fa voto di castità, rinunciando al suo amore per Renzo, in cambio della sua liberazione.
Ecco che lo spavento si trasforma in coraggio, quel coraggio che l’Innominato non ha avuto di premere il grilletto e compiere il gesto di uccidersi.
(…) la sua orazione sarebbe stata più accetta e più certamente esaudita, quando, nella sua desolazione, facesse anche qualche offerta. Si ricordò di quello che aveva di più caro, o che di più caro aveva avuto; giacchè, in quel momento, l’animo suo non poteva sentire altra affezione che di spavento, nè concepire altro desiderio che della liberazione; se ne ricordò, e risolvette subito di farne un sacrifizio. S’alzò, e si mise in ginocchio, e tenendo giunte al petto le mani, dalle quali pendeva la corona, alzò il viso e le pupille al cielo, e disse: “o Vergine santissima! Voi, a cui mi sono raccomandata tante volte, e che tante volte m’avete consolata, voi che avete patito tanti dolori, e siete ora tanto gloriosa, e avete fatti tanti miracoli per i poveri tribolati; aiutatemi! fatemi uscire da questo pericolo, fatemi tornar salva con mia madre, o Madre del Signore; e fo voto a voi di rimaner vergine; rinunzio per sempre a quel mio poveretto, per non esser mai d’altri che vostra.”
Dopo aver proferito queste parole, Lucia viene pervasa nell’animo da “una certa tranquillità, una più larga fiducia” e la parola “domattina” le suonava come “una promessa di salvazione“.
E così i pensieri tormentati si acquietano e si addormenta, a differenza dell’Innominato che non riesce a chiudere occhio per l’intera notte.
Proferite queste parole, abbassò la testa, e si mise la corona intorno al collo, quasi come un segno di consacrazione, e una salvaguardia a un tempo, come un’armatura della nuova milizia a cui s’era ascritta. Rimessasi a sedere in terra, sentì entrar nell’animo una certa tranquillità, una più larga fiducia. Le venne in mente quel domattina ripetuto dallo sconosciuto potente, e le parve di sentire in quella parola una promessa di salvazione. I sensi affaticati da tanta guerra s’assopirono a poco a poco in quell’acquietamento di pensieri; e finalmente, già vicino a giorno, col nome della sua protettrice tronco tra le labbra, Lucia s’addormentò d’un sonno perfetto e continuo.
Articolo aggiornato il 9 Giugno 2022 da eccoLecco