Gli spazi nei Promessi Sposi
Alessandro Manzoni ha scelto Lecco, Monza e Milano come luoghi fisici dove far muovere i suoi personaggi, inserendo anche fatti realmente esistiti, tenendo fede alla sua idea di romanzo che presentasse un realismo storico.
I luoghi manzoniani sono lo scenario geografico e fisico in cui si sviluppa la storia, nella quale l’autore ci racconta e descrive la società lombarda seicentesca sotto la dominazione spagnola.
Sono quegli spazi in cui accadono gli avvenimenti nel corso del tempo del racconto e storico.
Vediamo però più specificatamente e schematicamente quali sono gli spazi che Manzoni ha scelto e che troviamo nel corso del romanzo come caratteristica.
Gli spazi caratteristici: casa, palazzo, canonica, lazzaretto, strada
Se volessimo inquadrare due macro categorie di spazi, potremmo dire che Manzoni sceglie la casa e la strada come luoghi in cui vediamo i personaggi.
La casa assume diverse tipologie: dalla casa degli umili ai palazzi signorili dei potenti.
Le case degli umili
- La casa di Lucia
Il luogo dove ci si dispera e si trama (vedi Agnese che suggerisce il matrimonio a sorpresa), dove si effettua un vano rapimento (vedi la notte degli imbrogli).
Il luogo a cui toccano quasi postumi risarcimenti (il dono dell’Innominato, cap. 25 – la mancata deturpazione da parte dei Lanzichenecchi, cap. 30 – la visita del marchese, cap. 38)
…a quella di Lucia, ch’era in fondo, anzi un po’ fuori. Aveva quella casetta un piccolo cortile dinanzi, che la separava dalla strada, ed era cinto da un murettino.
Capitolo 2
- La casa di Tonio
Non abbiamo la descrizione fisica della casetta, sappiamo che era “poco distante” da quella di Lucia e Manzoni ci dipinge un quadro familiare attorno alla tavola; sicuramente una casa umile.
… casetta d’un certo Tonio, ch’era lì poco distante; e lo trovò in cucina, che, con un ginocchio sullo scalino del focolare, e tenendo, con una mano, l’orlo d’un paiolo, messo sulle ceneri calde, dimenava, col matterello ricurvo, una piccola polenta bigia, di gran saraceno. La madre, un fratello, la moglie di Tonio, erano a tavola; e tre o quattro ragazzetti, ritti accanto al babbo, stavano aspettando, con gli occhi fissi al paiolo, che venisse il momento di scodellare.
Capitolo 6
- La casa del sarto
Rispetto a quella di Lucia e di Tonia è decisamente di un livello superiore. Manzoni ci dice che Lucia, dopo il rapimento e la reclusione presso il Castello dell’Innominato, trova rifugio presso la casa del sarto e precisamente ci dice che la lettiga si dirige verso la casa della “buona donna” che accoglie Lucia nel “miglior luogo della sua cucina”; la casa viene poi nominata “villa” quando Agnese vi si reca per informare Lucia del regalo dell’Innominato.
I due a cavallo voltarono sur una piazzetta di fianco, in fondo a cui era la casa del parroco; la lettiga andò avanti verso quella della buona donna. (…)La buona donna, fatta seder Lucia nel miglior luogo della sua cucina, s’affaccendava a preparar qualcosa da ristorarla. (…)
Capitolo 24All’alba, s’alzò e s’incamminò subito verso la villa, dov’era Lucia.
Capitolo 26(…) siccome era l’ora del desinare, “signori,” disse il sarto: “devono onorare la mia povera tavola: alla buona: ci sarà un piatto di buon viso.
(…) il sarto ordinò a una bambina (quella che aveva portato quel boccone a Maria vedova: chi sa se ve ne rammentate più!), che andasse a diricciar quattro castagne primaticce, ch’eran riposte in un cantuccio: e le mettesse a arrostire.
“E tu,” disse a un ragazzo, “va’ nell’orto, a dare una scossa al pesco, da farne cader quattro, e portale qui: tutte, ve’. E tu,” disse a un altro, “va’ sul fico, a coglierne quattro de’ più maturi. Già lo conoscete anche troppo quel mestiere.” Lui andò a spillare una sua botticina; la donna a prendere un po’ di biancheria da tavola. Perpetua cavò fuori le provvisioni; s’apparecchiò: un tovagliolo e un piatto di maiolica al posto d’onore, per don Abbondio, con una posata che Perpetua aveva nella gerla.
Capitolo 29
- La casa di Renzo
La vediamo quando Renzo è ritornato a Lecco per cercare Lucia, prima vede la sua vigna in completo stato di abbandono, con le viti tagliate per farne legna, quindi si dirige verso casa sua, ma la vediamo in un frammento:
Tirò di lungo: poco lontano c’era la sua casa; attraversò l’orto, camminando fino a mezza gamba tra l’erbacce di cui era popolato, coperto, come la vigna. Mise piede sulla soglia d’una delle due stanze che c’era a terreno: al rumore de’ suoi passi, al suo affacciarsi, uno scompiglìo, uno scappare incrocicchiato di topacci, un cacciarsi dentro il sudiciume che copriva tutto il pavimento: era ancora il letto de’ lanzichenecchi. Diede un’occhiata alle pareti: scrostate, imbrattate, affumicate. Alzò gli occhi al palco: un parato di ragnateli. Non c’era altro. Se n’andò anche di là, mettendosi le mani ne’ capelli;
Capitolo 33
- La casa dell’amico di Renzo
Renzo sta cercando un riparo, dopo aver visto che casa sua è impraticabile, e arriva alla casa dell’amico, lo stesso amico dal quale si rifugia rientrando da Milano.
(…) vicino alla casetta dove aveva pensato di fermarsi. Già principiava a farsi buio. L’amico era sull’uscio, a sedere sur un panchetto di legno, con le braccia incrociate, con gli occhi fissi al cielo, come un uomo sbalordito dalle disgrazie, e insalvatichito dalla solitudine.
E così, barattando e mescolando in fretta saluti, domande e risposte, entrarono insieme nella casuccia. E lì, senza sospendere i discorsi, l’amico si mise in faccende per fare un po’ d’onore a Renzo, come si poteva così all’improvviso e in quel tempo. Mise l’acqua al fuoco, e cominciò a far la polenta; ma cedé poi il matterello a Renzo, perché la dimenasse; e se n’andò dicendo: “ son rimasto solo; ma! son rimasto solo!”
Tornò con un piccol secchio di latte, con un po’ di carne secca,con un paio di raveggioli, con fichi e pesche; e posato il tutto, scodellata la polenta sulla tafferìa, si misero insieme a tavola, ringraziandosi scambievolmente, l’uno della visita, l’altro del ricevimento.
Capitolo 33Renzo quindi va a Milano per cercare Lucia, ma poi ritorna a Lecco e quando ritorna si fa ospitare ancora dall’amico:
È a Pescate; costeggia quell’ultimo tratto dell’Adda, dando però un’occhiata malinconica a Pescarenico; passa il ponte; per istrade e campi, arriva in un momento alla casa dell’ospite amico. Questo, che s’era levato allora, e stava sull’uscio, a guardare il tempo, alzò gli occhi a quella figura così inzuppata, così infangata, diciam pure così lercia, e insieme così viva e disinvolta: a’ suoi giorni non aveva visto un uomo peggio conciato e più contento.
(…)
Tornato col fagotto, l’amico disse: “penso che avrai anche appetito: capisco che da bere, per la strada, non te ne sarà mancato; ma da mangiare…”
“Ho trovato da comprar due pani, ieri sul tardi; ma, per dir la verità, non m’hanno toccato un dente”.
“Lascia fare,” disse l’amico; mise l’acqua in un paiolo, che attaccò poi alla catena; e soggiunse: “vado a mungere: quando tornerò col latte, l’acqua sarà all’ordine; e si fa una buona polenta. Tu intanto fa’ il tuo comodo.”
Capitolo 37
I palazzi dei signori
Al polo opposto delle case degli umili, nei Promessi Sposi, troviamo i palazzi dei signori, dei potenti.
- Il palazzotto di don Rodrigo
Incontriamo il palazzo e la sua descrizione esterna quando Padre Cristoforo vi si reca per parlare con don Rodrigo dopo aver saputo da Lucia di essere vittima delle pretese del signorotto.
Vediamo poi il momento conviviale della cena aristocratica (vedi riassunto capitolo 5) e sempre in questo palazzo avvengono le trame dei rapimenti e le attese delle scelleratezze di don Rodrigo.
Ma come in un cerchio la storia di Renzo e Lucia si conclude qui con il banchetto nuziale grazie al marchese, erede di don Rodrigo:
Un altro trionfo, e ben più singolare, fu l’andare a quel palazzotto; e vi lascio pensare che cose dovessero passar loro per la mente, in far quella salita, all’entrare in quella porta; e che discorsi dovessero fare, ognuno secondo il suo naturale. Accennerò soltanto che, in mezzo all’allegria, ora l’uno, ora l’altro motivò più d’una volta, che, per compir la festa, ci mancava il povero padre Cristoforo. “Ma per lui,” dicevan poi, “sta meglio di noi sicuramente.”
Il marchese fece loro una gran festa, li condusse in un bel tinello, mise a tavola gli sposi, con Agnese e con la mercantessa; e prima di ritirarsi a pranzare altrove con don Abbondio, volle star lì un poco a far compagnia agl’invitati, e aiutò anzi a servirli.
Capitolo 38Il palazzo di don Rodrigo a Milano
Una notte, verso la fine d’agosto, proprio nel colmo della peste, tornava don Rodrigo a casa sua, in Milano, accompagnato dal fedel Griso, l’uno de’ tre o quattro che, di tutta la famiglia, gli eran rimasti vivi.
Capitolo 33
- Il castello dell’Innominato
Manzoni ci presenta prima il castello che la persona, così come avviene per don Rodrigo, ma in questo caso l’Innominato non è un personaggio inventato, bensì ha delle connessioni storiche, infatti lo scrittore ci dice che“del personaggio troviamo memoria in più d’un libro (libri stampati, dico) di quel tempo. Che il personaggio sia quel medesimo, l’identità de’ fatti non lascia luogo a dubitarne; ma per tutto un grande studio a scansarne il nome, quasi avesse dovuto bruciar la penna, la mano dello scrittore.”
Capitolo 19Al castello dell’Innominato si reca don Rodrigo per chiedere aiuto per i suoi scellerati piani, è il luogo della prigionia di Lucia, ma anche lo stesso luogo in cui il male si trasforma in bene nel cuore dell’Innominato.
- Palazzo di donna Prassede
Lucia e sua madre Agnese vengono ospitate per qualche giorno, dopo il loro rifugio presso la casa del sarto, in una casa “poco distante da quel paesetto, villeggiava una coppia d’alto affare; don Ferrante e donna Prassede”.
Manzoni ci dice che donna Prassede “al sentire il gran caso di Lucia, e tutto ciò che, in quell’occasione, si diceva della giovine, le venne la curiosità di vederla“.
Finchè s’era trattato di gente alla buona che cercava di conoscer la giovine del miracolo, il sarto le aveva reso volentieri un tal servizio; ma in questo caso, il rifiuto gli pareva una specie di ribellione. Fece tanti versi, tant’esclamazioni, disse tante cose: e che non si faceva così, e ch’era una casa grande, e che ai signori non si dice di no, e che poteva esser la loro fortuna, e che la signora donna Prassede, oltre il resto, era anche una santa;
Capitolo 25
- Il palazzo del principe, papà di Gertrude
Nel capitolo nono Manzoni, dopo averci descritto l’arrivo di Lucia ed Agnese al convento di Monza, effettua una digressione sulla figura della monaca di Monza.
Qui vediamo che il palazzo dove avrebbe dovuto crescere e vivere, anziché essere mandata in convento, diventa anche il luogo della sua prigionia per quattro o cinque lunghi giorni.
(vedi riassunto capitolo 9)
- Il palazzo del vicario
Durante la rivolta del pane, la folla in protesta si reca al palazzo del vicario, dove la paura è il carattere che lo connota: la paura del vicario, che spera in un aiuto e che viene portato in via in carrozza da Ferrer. Vedi riassunto capitolo 13. - Il palazzo del conte zio a Milano
Il conte zio è lo zio di don Rodrigo e Attilio, membro del Consiglio Segreto del governo milanese e influente uomo politico.
Questo palazzo è l’esempio delle simulazioni e della falsità, dove primeggiano l’inganno, il cinismo, la vanità e l’intimo squallore.
Si veda il capitolo 18.
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La canonica
Nell’intero romanzo dei Promessi Sposi abbiamo due canoniche:
- la casa di don Abbondio
- la casa del curato di Chiuso
La canonica di Chiuso la incontriamo e vediamo come scenario di un avvenimento importante del romanzo: la conversione dell’Innominato davanti al cardinal Federigo Borromeo.
La casa di don Abbondio è un luogo più sceneggiato, con una forte caratterizzazione da farsa o melodramma buffo:
- don Abbondio accasciato sul seggiolone, il bicchiere di vino, il lume (vedi riassunto capitolo 1)
- il sequestro del curato fatto da Renzo (vedi riassunto capitolo 2)
- il parapiglia della notte degli imbrogli (vedi riassunto capitolo 8)
- il nascondimento degli oggetti preziosi prima della fuga (vedi riassunto capitolo 29)
- la deturpazione ed il furto dei Lanzichenecchi (vedi riassunto capitolo 30)
Se la casa del curato la troviamo nel primo capitolo del romanzo, come un cerchio quasi la ritroviamo in chiusura nel 38° capitolo, dove don Abbondio scherza in modo ripugnante, dà consigli di acquisto al marchese venuto in visita.
Il lazzaretto
Il lazzaretto è un luogo che rappresenta sia l’esterno che l’interno e sembra quasi che Manzoni ci voglia raffigurare e rappresentare con esso l’immagine del mondo e dei suoi aspetti composti, una verità della condizione umana.
La strada
Dopo aver visto tutti spazi chiusi, ecco lo spazio aperto dei Promessi Sposi: la strada, intesa come viaggio e percorsi in città.
Diversi personaggi li vediamo in viaggio o passeggiando in città:
- don Abbondio che passeggia verso casa (vedi riassunto capitolo 1)
- Renzo va dal dottor Azzecca-garbugli (vedi riassunto capitolo 3)
- Padre Cristoforo si incammina verso il palazzotto di don Rodrigo (vedi riassunto capitolo 5)
- la passeggiata indispettita di don Rodrigo (vedi riassunto capitolo 7)
- addio monti sorgenti e la fuga da Lecco di Lucia, Renzo ed Agnese (vedi riassunto capitolo 8 e 9)
- il viaggio del Griso a Monza su mandato di don Rodrigo (vedi riassunto capitolo 11 e capitolo 18)
- fuga di Renzo da Milano lungo l’Adda verso Bergamo (vedi riassunto capitolo 16 e 17)
- viaggio di don Rodrigo al Castello dell’Innominato (vedi riassunto capitolo 20)
- fuga di don Rodrigo a Milano (vedi riassunto capitolo 25)
- fuga di don Abbondio con Perpetua ed Agnese verso il confine bergamasco (vedi riassunto capitolo 29)
- Renzo in cerca di Lucia dopo la peste (vedi riassunto capitolo 33 e 36)
Certamente non possiamo indicare che il tema del viaggio caratterizza la figura di Renzo Tramaglino, infatti lui compie un percorso di formazione in tutto il suo peregrinare ed in tal senso viene a contatto con tante persone, tanto da poter dire che sia il personaggio social dei Promessi Sposi.
Milano
La città di Milano ricorre spesso nel romanzo, infatti la troviamo nelle due digressioni, che ci raccontano la storia:
- di Padre Cristoforo, dapprima Lodovico
- della Monaca di Monza, dapprima Gertrude
Inoltre rappresenta la meta di due viaggi di Renzo, che la vede e vive in modo diverso durante:
- la rivolta del pane ed i tumulti della folla, vista inizialmente come “paese di cuccagna” e poi come luogo dello scontra tra il potere e la massa
- la pestilenza come città infernale
In Milano poi ci sono i movimenti:
- della folla
- di Ferrer
- della processione dei carri di appestati
- la caccia all’untore
- il carro dei monatti
Articolo aggiornato il 4 Ottobre 2023 da eccoLecco