I Promessi Sposi
Riassunto Capitolo 4
Renzo, Lucia ed Agnese si sono salutati la sera – vedi riassunto capitolo 3 Promessi Sposi – e le due donne aspettano che l’indomani arrivi da loro padre Cristoforo.
Sul far del mattino, “il sole non era ancor tutto apparso sull’orizzonte”, padre Cristoforo esce “dal suo convento di Pescarenico, per salire alla casetta dov’era aspettato“. Dopo una breve descrizione del borgo di pescatori, Manzoni ci dipinge il quadro bucolico del paesaggio accarezzato da “un venticello d’autunno” con le foglie del gelso appassite ed i tralci con le “foglie rosseggianti a varie tinte” che brillavano, “la scena era lieta; ma ogni figura d’uomo che vi apparisse, rattristava lo sguardo e il pensiero“.
Il narratore ci introduce il quadro della carestia imperante nel primo Seicento: “s’incontravano mendichi laceri e macilenti“, alcuni lavoratori nei campi van “gettando le lor semente, rade, con risparmio, e a malincuore, come chi arrischia che troppe gli preme; altri” spingono “la vanga come a stento, e rovesciano svogliatamente la zolla. La fanciulla scarna, tenendo per la corda al pascolo la vaccherella magra stecchita” si china per rubarle l’erba da dare in cibo alla famiglia.
Il frate cammina “già col tristo presentimento in cuore, d’andar a sentire qualche sciagura“. Ma perché si è preso così tanto a cuore Lucia? Perché corre subito da lei? E chi è padre Cristoforo? Manzoni ci dice che “bisogna soddisfare a tutte queste domande” ed infatti in questo quarto capitolo troviamo un lungo excursus sulla figura di padre Cristoforo. Come avverrà nel decimo capitolo per la monaca di Monza, lo scrittore ci racconta la vera storia del religioso, donandoci un profilo biografico ed al contempo morale.
Inizia col descriverci l’aspetto fisico di padre Cristoforo: “un uomo più vicino ai sessanta che ai cinquant’anni“, con “due occhi incavati” che “talvolta sfolgoravano, con vivacità repentina; come due cavalli bizzarri“. Il frate “non era sempre stato così, né sempre era stato Cristoforo: il suo nome di battesimo era Lodovico“, figlio unico di un mercante che negli ultimi anni aveva fatto fortuna e si trovava “assai fornito di beni“, tanto da voler vivere “da signore” e vergognandosi del passato da mercante. Voleva essere come i nobili e così Lodovico è cresciuto imparando “abitudini signorili“, vivendo tra agi ed opulenza, ma doveva “star sempre al di sotto” dei suoi compagni.
Però aveva un’indole “onesta” e “sentiva un orrore spontaneo e sincero per l’angherie e per i soprusi”, tanto che “venne a costituirsi come un protettor degli oppressi, un vendicatore de’ torti“, “più d’una volta gli era saltata la fantasia di farsi frate“.
Ecco che Manzoni ci racconta l’episodio che cambia completamente la vita a Lodovico, portandolo a divenire padre Cristoforo.
“Andava un giorno per una strada della sua città, seguito da due bravi, e accompagnato da un tal Cristoforo“, quando vide “spuntar da lontano un signor tale, arrogante e soverchiatore di professione, col quale non aveva mai parlato in vita sua, ma che gli era cordiale nemico“. Lo sguardo ed il comportamento di sfida tra i due, nessuno dei quali è intenzionato a cedere, li porta “viso a viso“, ma il reciproco chiedere di fare luogo non trova esiti positivi, tanto che i due metton mano alla spada e si avventano “l’uno all’altro; i servitori delle due parti” si slanciano “alla difesa de’ loro padroni“. Se Lodovico non è intenzionato ad uccidere, bensì a scansare i colpi, il suo nemico “voleva la morte di lui, a ogni costo“.
Quando Cristoforo vede il suo padrone in pericolo, va “col pugnale addosso al signore”, che di tutta risposta la passa con la spada. Vista questa scena Lodovico, “come fuor di sè“, infila la sua spada “nel ventre del feritore“, il quale cade “a terra moribondo, quasi a un punto col povero Cristoforo“. Lodovico si trova solo “con que’ due funesti compagni ai piedi, in mezzo a una folla“.
“Il fatto” è “accaduto vicino a una chiesa di cappuccini“, dove Lodovico, ferito, viene portato dalla folla, che dice “è un uomo dabbene che ha freddato un birbone superbo: l’ha fatto per sua difesa: c’è stato tirato per i capelli“.
In convento Lodovico medita e si risvegliano “più vivamente e più distintamente i sentimenti ch’eran confusi e affollati nel suo animo: dolore dell’amico, sgomento e rimorso del colpo che gli era uscito di mano e, nello stesso tempo, un’angosciosa compassione dell’uomo che aveva ucciso“. “Riflettendo quindi a’ casi suoi” sente “nascere più vivo che mai e serio quel pensiero di farsi frate, che altre volte gli era passato per la mente“, gli sembra che sia Dio stesso ad averlo messo su questa strada, mostrandogli il segno del suo volere ed è così che Lodovico decide di vestire “l’abito di cappuccino”. Lodovico comincia “una vita d’espiazione e di servizio” e a “trent’anni” si ravvolge “nel sacco, e, dovendo, secondo l’uso, lasciare il suo nome, e prenderne un altro” ne sceglie uno che gli rammenti sempre in ogni momento la colpa da espiare e decide di chiamarsi fra Cristoforo.
Il desiderio di giustizia e la lotta ai soprusi da allora caratterizzano il modus agendi di padre Cristoforo, con un carattere singolare: “tutto il suo contegno, come l’aspetto” riflette “una lunga guerra, tra un’indole focosa, risentita, e una volontà opposta, abitualmente vittoriosa, sempre all’erta, e diretta da motivi e da ispirazioni superiori“.
Dopo questo lungo excursus relativo alla figura del religioso, il narratore ora ci mostra padre Cristoforo all’uscio della casa di Lucia.
Articolo aggiornato il 9 Giugno 2022 da eccoLecco