I Promessi Sposi
Riassunto Capitolo 6
Alla fine del capitolo 5, don Rodrigo dice a padre Cristoforo di essere “a’ suoi comandi” e lo conduce in un altra sala perché possano parlare, vedi riassunto capitolo 5 Promessi Sposi.
“In che posso ubbidirla?” dice don Rodrigo, “piantandosi in piedi nel mezzo della sala“. Ecco come inizia questo capitolo sesto del romanzo. Ci troviamo di fronte al dialogo, che poi diventa discussione accesa tra i due personaggi.
Padre Cristoforo cerca di trattenere tutte le parole non necessarie e “con guardinga umiltà” dice di essere venuto a proporre “un atto di giustizia” prega don Rodrigo “d’una carità“, di “restituire al diritto la sua forza“, aggiungendo che “cert’uomini di mal affare” hanno fatto il nome di sua signoria “per far paura a un povero curato, e impedirgli di compiere il suo dovere, e per soverchiare due innocenti“.
Don Rodrigo si irrita e cerca di “volgere il discorso in contesa” ed aggiunge che non ha bisogno di avere un predicatore in casa o qualcuno che viene per fare la spia, per poi alla fine insinuare che padre Cristoforo sia interessato a “qualche fanciulla“. Il frate, “al moversi di don Rodrigo“, gli si pone davanti con le mani alzate, “come per supplicare e per trattenerlo” e gli dice – “non voglia tener nell’angoscia e nel terrore una povera innocente” -.
Al sentire queste parole don Rodrigo suggerisce a padre Cristoforo di consigliare la fanciulla di mettersi sotto la sua protezione, che “non le mancherà più nulla“.
“A siffatta proposta, l’indignazione del frate, trattenuta a stento fin allora” trabocca e Alessandro Manzoni ci aggiunge una nota dicendo che “l’uomo vecchio si trovò d’accordo col nuovo“, richiamando il passato del frate (vedi riassunto capitolo 4 Promessi Sposi).
Padre Cristoforo davvero non ci vede più ed alza l’indice sinistro verso don Rodrigo, “piantandogli in faccia due occhi infiammati” e dicendogli che ormai non lo teme più e che ha -“compassione di questa casa: la maledizione le sta sopra sospesa“, aggiunge perentorio – “sentite bene quel ch’io vi prometto. Verrà un giorno…” .
Don Rodrigo, che “era fin allora rimasto tra la rabbia e la maraviglia, attonito, non trovando parole“, quando sente questa “predizione” aggiunge alla sua rabbia anche un “misterioso spavento“, quindi afferra “rapidamente per aria quella mano minacciosa“ e “alzando la voce, per troncar quella dell’infausto profeta” grida a padre Cristoforo di andarsene.
Qui Manzoni, il narratore, ci mostra l’immagine di padre Cristoforo: “ritirata placidamente la mano dagli artigli del gentiluomo, abbassò il capo, e rimase immobile, come, al cader del vento, nel forte della burrasca, un albero agitato ricompone naturalmente i suoi rami, e riceve la grandine come il ciel la manda“, e ancora “chinò il capo, e se n’andò, lasciando don Rodrigo a misurare, a passi infuriati, il campo di battaglia“.
Mentre padre Cristoforo si allontana per andarsene vede “il vecchio servitore ch’era venuto a riceverlo alla porta di strada“, che gli si accosta “misteriosamente” e mettendo il dito alla bocca come dire al religioso di far silenzio, lo porta in un “andito buio” e gli dice che lui ha sentito tutto e “sa molte cose“, “qualcosa per aria c’è di sicuro” e dice che all’indomani sarebbe andato al convento. Mentre fra Cristoforo se ne torna a casa “tutto infocato in volto, commosso e sottosopra” pensa – “ecco un filo,…, un filo che la provvidenza mi mette nelle mani“.
Mentre padre Cristoforo era da don Rodrigo a casa di Lucia “erano stati messi in campo e ventilati disegni” e il narratore informa il lettore. In questo capitolo è molto presente la figura del narratore onnisciente nei Promessi Sposi.
Lucia sta preparando la cena, Renzo è sul punto di andarsene ed Agnese “tutta intenta, all’apparenza, all’aspo” dice ai “figliuoli” che si impegna a toglierli dall’impiccio in cui si trovano, dicendo loro che ci vuole “cuore e destrezza; e la cosa è facile“. Suggerisce loro di organizzare un matrimonio a sorpresa, per il quale alla fine serve la presenza del curato e di due testimoni, ma “non bisogna parlarne al padre Cristoforo, prima di far la cosa“.
Lucia non è per nulla convinta di dice che “son imbrogli“, “non sono cose lisce” e vuole sentire il parere del frate, ma la madre la rassicura dicendole di lasciarsi guidare da chi ha più esperienza.
Renzo invece si attiva per trovare i due testimoni e “con un’aria d’intelligenza” se ne va “in fretta“.
“Le tribolazioni aguzzano il cervello” ci dice il narratore ed è così che Renzo va “alla casetta d’un certo Tonio“, che con la famiglia è prossimo a cenare mangiando polenta, la quale però è “in ragion dell’annata, e non del numero e della buona voglia de’ commensali“: ritorna il richiamo al periodo di carestia.
Tonio è debitore per venticinque lire di don Abbondio per il campo che quest’ultimo gli aveva affittato l’anno precedente. Renzo si propone di saldare il suo debito se lui si offre come testimone per il suo matrimonio. Tonio accetta subitamente. Ma serve un altro testimone e subito lo stesso Tonio propone “quel sempliciotto” di suo fratello Gervaso.
A casa intanto Agnese continua “a persuadere la figliuola”, che invece si oppone “a ogni ragione“. Risolta la situazione, Renzo torna dalle donne per “render conto de’ concerti presi” e ci arriva “tutto trionfante“. Ma una volta trovati i testimoni, il curato va colto di sorpresa, ma con lui c’è Perpetua che va distratta: ci penserà Agnese.
Mentre Agnese e Renzo si accordano, Lucia rimane nella sua perplessità ed aggiunge che “far questa cosa, come dite voi, bisogna andar avanti a furia di sotterfugi, di bugie, di finzioni“, ma lei vuole andare “per la strada diritta, col timor di Dio, all’altare” e poi “perché far misteri al padre Cristoforo?“.
E mentre i tre continuano con la “disputa”, si sente un “calpestio affrettato di sandali, e un rumore di tonaca sbattuta”, che annunciano l’arrivo di padre Cristoforo. Tutti si zittiscono ed Agnese sussurra “all’orecchio di Lucia: – bada bene, ve’, di non dirgli nulla –“.
Articolo aggiornato il 9 Giugno 2022 da eccoLecco