I Promessi Sposi
Riassunto Capitolo 19
Nell’ultima parte del capitolo 18 dei Promessi Sposi abbiamo assistito al colloquio tra il conte Attilio ed il conte zio, in merito alla problematica di Padre Cristoforo (vedi riassunto capitolo 18).
La prima parte del capitolo 19 ci mostra il conte zio con il padre provinciale dei frati cappuccini e poi ci introduce l’Innominato.
Tutto quel che si poteva contro un tale avversario era cercar d’allontanarlo, e il mezzo a ciò era il padre provinciale, in arbitrio del quale era l’andare e lo stare di quello.
Il conte zio decide di invitare a pranzo il padre provinciale e gli fa trovare una serie di “commensali assortiti“, il pranzo si svolge tutti insieme, poi il conte zio invita il padre provinciale in un’altra stanza ed inizia così il colloquio tra “due potestà, due canizie, due esperienze consumate“.
Il conte zio chiede subito direttamente al superiore dei cappuccini se presso il convento di Pescarenico ci fosse un certo Padre Cristoforo.
Alla risposta affermativa del padre, il conte zio aggiunge “che è un uomo… un po’ amico de’ contrasti… che non ha tutta quella prudenza, tutti que’ riguardi… Scommetterei che ha dovuto dar più d’una volta da pensare a vostra paternità“.
Inizia un colloquio dove il conte zio utilizza il suo linguaggio che “minaccia in cerimonia”, utilizzando tutta la diplomazia e il potere della sua posizione, dall’altro canto il padre provinciale, amante del quieto vivere, si trova in una posizione di subordinazione, di debolezza, infatti risponde al conte zio:
Colpa mia; lo sapevo che quel benedetto Cristoforo era un soggetto da farlo girare di pulpito in pulpito, e non lasciarlo fermare mesi in un luogo, specialmente in conventi di campagna.
Il conte zio continua sulla figura di Padre Cristoforo dicendo che si sa che “proteggeva un uomo di quelle parti, un uomo… vostra paternità n’avrà sentito parlare; quello che, con tanto scandolo, scappò dalle mani della giustizia, dopo aver fatto, in quella terribile giornata di san Martino, cose… cose… Lorenzo Tramaglino!“.
Il padre superiore mantiene il suo profilo di ascolto e di mediazione dicendo
Son ben tenuto a vostra magnificenza di codesto avviso; però son certo che, se si prenderanno informazioni su questo proposito, si troverà che il padre Cristoforo non avrà avuto che fare con l’uomo che lei dice, se non a fine di mettergli il cervello a partito. Il padre Cristoforo, lo conosco.
Il conte zio quindi continua a rincarare la dose sulla figura di Padre Cristoforo aggiungendo “un’altra cosa disgustosa“: “padre Cristoforo ha preso a cozzare con mio nipote, don Rodrigo“.
Quindi suggerisce al padre provinciale che l’unico modo è “allontanare il fuoco dalla paglia” e che lo stesso “saprà ben trovare la nicchia conveniente a questo religioso. (…) collocandolo in qualche posto un po’ lontanetto, facciamo un viaggio e due servizi; tutto s’accomoda da sé, o per dir meglio, non c’è nulla di guasto.”
Il colloquio tra i due continua con discorsi molto lunghi da parte del conte zio, e brevi frasi di risposta da parte del padre provinciale, al termine del quale il narratore onnisciente ci dice che
(…) col colloquio che abbiam riferito, riuscì a far andar fra Cristoforo a piedi da Pescarenico a Rimini, che è una bella passeggiata.
Ecco che Manzoni ora ci descrive l’atto effettivo in cui viene comunicato al frate cappuccino che deve recarsi a Rimini “dove predicherà per la quaresima“.
Il frate pensa subito a Renzo, Lucia ed Agnese, al fatto che li lascia soli, ma con obbedienza prende le sue cose e parte per la destinazione indicatagli.
Chiusa questa parentesi sulla causa del trasferimento del frate, dietro al quale indirettamente c’è don Rodrigo, ecco che lo ritroviamo “intestato più che mai di venire a fine della sua bella impresa, s’era risoluto di cercare il soccorso d’un terribile uomo“.
In questo modo ci viene introdotta la figura dell’Innominato, ma resta ambigua seppure sia un personaggio storico e non inventato, infatti lo scrittore ci dice
Di costui non possiam dare né il nome, nè il cognome, né un titolo, e nemmeno una congettura sopra nulla di tutto ciò: [p. 372 modifica]cosa tanto più strana, che del personaggio troviamo memoria in più d’un libro (libri stampati, dico) di quel tempo. Che il personaggio sia quel medesimo, l’identità de’ fatti non lascia luogo a dubitarne; ma per tutto un grande studio a scansarne il nome, quasi avesse dovuto bruciar la penna, la mano dello scrittore.
Abbiamo poi un parallelismo con la figura di don Rodrigo, in cui la raffigurazione avviene indirettamente tramite la descrizione del luogo in cui vive, ovvero il palazzotto di don Rodrigo, che per l’Innominato è “un castello confinante col territorio bergamasco” e precisamente il narratore ci dice che
Quella casa,” cito ancora il Ripamonti, “era come un’officina di mandati sanguinosi: servitori la cui testa era messa a taglia, e che avevan per mestiere di troncar teste: né cuoco, né sguattero dispensati dall’omicidio: le mani de’ ragazzi insanguinate.
Manzoni cita proprio la fonte “Giuseppe Ripamonti, che, nel quinto libro della quinta decade della sua Storia Patria” ed è così evidente anche il realismo storico di Manzoni.
L’Innominato viene definito “tiranno straordinario“, la cui fama “era da gran tempo diffusa in ogni parte del milanese (…) il suo nome significava qualcosa d’irresistibile, di strano, di favoloso“.
Ed ecco l’aggancio tra i due cattivi del romanzo:
Dal castellaccio di costui al palazzotto di don Rodrigo, non c’era più di sette miglia: e quest’ultimo, appena divenuto padrone e tiranno, aveva dovuto vedere che, a così poca distanza da un tal personaggio, non era possibile far quel mestiere senza venire alle prese, o andar d’accordo con lui.
Don Rodrigo alla fine ha deciso di portare a compimento l’impresa di avere Lucia e fallito il primo tentativo di rapimento durante la notte degli imbrogli, don Rodrigo decide di chiedere aiuto all’Innominato, di cui “era divenuto amico, al modo di tutti gli altri“, “gli aveva reso più d’un servizio“.
Una mattina don Rodrigo esce a cavallo, in tenuta da caccia, e con una piccola scorta di bravi si reca al castello dell’Innominato.
Articolo aggiornato il 9 Giugno 2022 da eccoLecco